Buona domenica
e buona Pasqua. La scomparsa di Gabriel García Màrquez mi ha fatto riflettere su molte cose. Innanziutto sul fatto che non riflettiamo abbastanza sulla fortuna di essere contemporanei di taluni personaggi geniali: guardiamo costantemente indietro, come se il meglio fosse già passato, e non ci curiamo di personaggi come Gabo finché non defungono. Penso a Dylan, alla poesia che alberga nei sui ultimi dischi che tanti sorvolano perché “era meglio negli anni Sessanta”, senza dare neppure una scorsa ai testi, o dedicare un ascolto più attento. Ma gli esempi sono molteplici. Detto questo, in Colombia ci sono tre giorni di lutto per GGM ed è inevitabile per me domandarmi per chi mai faremmo una cosa del genere dalle nostre parti. Non l’abbiamo fatto per Pasolini, figuriamoci oggi. Per Baricco? Per Brizzi? Forse per la Tamaro? Speriamo di no, Lo spero forse per Umberto Eco o Dario Fo, ma nessuno di questi avrà onori: quando arriverà il momento ci si accapiglierà nelle più futili trasmissioni cercando di smontare il cadavere di turno. Noi, certe menti, le migliori della nostra generazione, non ce le meritiamo.
UDII
MASSIMO BUBOLA
Il testamento del capitano (Eccher Music)
Si fa presto a dire folk rock. Già sul rock non siamo più o meno tutti d’accordo, figuriamoci sulle mille diramazioni del folk. Quello che è certo che non c’è nulla di più folk rock che prendere melodie popolari e arrangiarle per strumenti elettrici. È la strada percorsa da Bubola in questo album che riprende e amplia il discorso di Quel lungo treno, nell’occasione del centenario della Grande Guerra (e a meno di un anno di distanza da In alto i cuori). Il disco comprende una serie di canzoni d’epoca, alcune notissime, altre meno (Bombardano Cortina, Il testamento del capitano, La tradotta, perfino Ta pum e Sui monti Scarpazi affidata alla voce di Lucia Miller (in cui riconosciamo Erika, mrs. Bubola) e autografi del cantautore veronese, due interpretati dal Coro Ana Milano (Rosso su verde e Noi veniam dalle pianure). Un ricordo a occhi asciutti e a cuore pieno di chi, cento anni fa, è partito per quella che credeva sarebbe stata “l’ultima guerra”. Questa è la versione in solo di uno dei brani corali e se non vi commuove questo...
https://www.youtube.com/watch?v=02s0xUCw7uE
(il disco esce il 6 maggio)
IAN ANDERSON
Homo erraticus (K-Scope)
Lo so, lo so: non c’è niente di più antiquato del “prog” e nulla è più sconfortante del leader di una vecchia band che sforna un ennesimo album, per giunta concept. Anzi, Anderson ha fatto di peggio: dopo avere dato un seguito a Thick as a brick, uno degli album fondamentali dei suoi Jethro Tull, ora torna a collaborare per un nuovo progetto con quel Gerald Bostock, autore dei testi del vecchio album, del sequel e anche di questo Homo erraticus. Come tutti i fan della band sanno, peraltro, l'ex bambino prodigio non è altro che un parto della fantasia di Ian che, da un po’ di tempo, ha deciso di lasciarsi alle spalle il “brand” Jethtro Tull per scopi futuri, ma non ha certo tagliato i ponti con il passato. Per i fan suoi e del gruppo, questo disco è un ottimo lavoro, da preferire nella sua versione deluxe (naturalmente per tutti gli altri è un bolso e tronfio signore che farebbe meglio a pensionarsi. Fate conto che l’abbia fatto). Errate un po’ qui:
https://www.youtube.com/watch?v=6DB_x0dWWgw
CHUCK E. WEISS
Red beans and Weiss (Anti- / Epitaph)
Solo a leggere questo nome tanti dovrebbero inarcare il sopracciglio. La maggior parte per chiedersi “e chi è costui?”, ma qualcuno si ricorderà del vecchio amico di Tom Waits. Negli anni Settanta dividevano l’alcol, il letto e le scorribande in tre: Waits, Weiss e Rickie Lee Jones. Fu quest’ultima a dedicare all’amico Chuck E.’s in love alimentando un mito già proposto dallo zio Tom in diverse canzoni. Un solo mini album, il raro The other side of town, più difficile da reperire che effettivamente bello. Poi un lunghissimo silenzio interrotto, alla fine degli anni Novanta da Extremely cool, un album... estremamente cool, cui hanno fatto seguito, con la debita calma, Old souls & wolf tickets e 23rd & stout. Questo Red beans and Weiss è un concentrato di blues sanguigno, poesia beat, cantata con una voce da vecchio degenerato (che si avvicina, peraltro, a quella di Ian Dury). Non solo per i fan di Waits. Fatevene un’idea: https://www.youtube.com/watch?v=1Pj1XmlWRSQ
LESSI
ROMOLO GIOVANNI CAPUANO
111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo (Nuovi Equilibri, 232 pagine, 15 sacchi)
La verità è che per un errore di traduzione si può morire. O compromettere qualcosa di importante. Come dimostrano le storie (vere) di cui si occupa questo libro. Che parla di parole di una lingua rese malamente in un’altra, cattive trascrizioni, virgole spostate, parole travisate o udite male. Intenzionalmente o casualmente. Errori reali o presunti. Sviste che hanno causato terremoti, fatto cadere governi, creato inimicizie o favorito accordi. Reso felici o infelici gli esseri umani. Leggendo queste pagine, imparerete come, grazie a un errore di traduzione, Nerone sia diventato miope, Lutero abbia inventato una religione, Truman abbia deciso di bombardare il Giappone, degli innocenti siano finiti in galera, la gente creda nelle cose più strane e una piazza sia diventata rossa...
NdA: per tutti i cammelli che passano attraverso le crune degli aghi, questo è il classico libro che m’appassiona...
CAROL KAUFMANN E DAN KAINEN
Safari. Un libro illustrato in Photicular (Rizzoli, 32 pagine illustrate, 19,90 sacchi)
Animali che si muovono, così reali che sembra di toccarli. Il ghepardo si lancia, il leone attacca, l’elefante agita le grandi orecchie. Grazie alla tecnologia Photicular Safari è un'avventura incredibile.
NdA: non so se venga inteso come libro per bambini, ma l’effetto è comunque meraviglioso e, per quanto mi riguarda, assolve a tutta la mia voglia di Africa (tenuto conto che non farei mai un safari: agli animali di certo non sparo, fotografarli non son buono, quindi...)
SILVER
Lupo Alberto 40 anni (Sagep, 192 pagine illustrate, 20 sacchi)
Lupo Alberto compie 40 anni. Per il suo compleanno regala a tutti noi uno storybord delle tappe più importanti della sua vita. Animale che non dorme in casa ma all’aperto, Lupo Alberto è più forte di noi. Abituato a prenderle, a prenderle sempre, ogni volta si rialza pronto a ripartire. E poi è un buono. Lui non fa male a nessuno. Non è affatto aggressivo. È simpatico. Sa ascoltare. È un amico. Un amico vero.
NdA: mi fa un po’ specie pensare che un fumetto come Lupo Alberto, che nella mia mente è eternamente giovane (un po’ come Silver che per me resta il giovane aiutante del Bonvi) oltrepassi un traguardo così importante. Non lo leggo più da anni, ma lo ricordo con grandissimo affetto.
VISSI
Domenica 20 aprile, Iris, ore 21.10
Quel pomeriggio di un giorno da cani (Usa, 1975, 130 minuti) di Sidney Lumet con Al Pacino, John Cazale, James Broderick, Chris Sarandon e Charles Durning
Tre balordi assaltano una piccola banca di Brooklyn. Due vi rimangono intrappolati con gli ostaggi: lungo sarà l'assedio della polizia. E sanguinoso.
NdA: tanto per stemperare l’atmosfera pasquale. Magistrale capolavoro di Lumet, interpretazione maiuscola di Pacino, ma grandissimo soprattutto lo sfortunato Cazale, in uno dei suoi pochi ruoli (ha recitato in soli cinque film, ma se pensate che essi sono questo, i primi due de Il padrino, La conversazione e Il cacciatore...). Grandissima l’apertura con Amoreena di Elton John sparata sui titoli di testa che individuano l’azione...
Martedì 22 aprile, Rai5, ore 21.15
¡Vivan las Antipodas! (Germania / Argentina / Russia, 2011, 108minuti) di Victor Kossakovsky
Questo documentario trascina lo spettatore in un singolarissimo viaggio intorno al mondo: nei pochi posti del globo situati esattamente uno all'opposto dell’altro. Con un montaggio di immagini di particolare effetto, Kossakovsky affronta un argomento inusuale come quello degli antipodi, realizzando "un poema sul mondo multipolare". La storia è ambientata in quattro coppie di luoghi opposti sulla terra: Argentina - Cina, Cile - Russia, Hawaii - Botswana, Nuova Zelanda - Spagna. Si racconta di un pescatore solitario in un villaggio argentino e di una donna che vende pesce in una rumorosa strada di Shanghai, di un guardiano del faro cileno a Capo Horn e di un ufficiale di bordo sul lago Baikal. Le loro storie sono antitetiche e simili allo stesso tempo. Vivan las Antipodas! è anche un ritorno intelligente al film “planetario” alla Godfrey Reggio, sull'enumerazione delle contraddizioni culturali e ambientali del nostro pianeta, attraverso rigorose e affascinanti dicotomie, che si sviluppano per mezzo di un montaggio particolarmente creativo di immagini documentaristiche, scandite da musiche suggestive di Aleksander Popov e Michel Schopping.
NdA: un’occasione per tutti quelli che se lo sono perso al Como Lake film festival lo scorso anno, ma anche per chi l’aveva visto e da allora aspetta di rivederlo (come me, ad esempio). Affascinante, suggestivo, consiglio di spegnere il cellulare e lasciarsi trasportare tra gli antipodi...
Mercoledì 23 aprile, La7D, ore 23.55
Labirinto di passioni (Spagna, 1982, 100 minuti) di Pedro Almodóvar con Cecilia Roth, Helga Liné, Imanol Arias e Antonio Banderas
Questo film racconta diverse storie d’amore. La maggior parte di queste finiscono bene, e quelle che finiscono male restano aperte alla speranza. La coppia protagonista, attorno alla quale ruota tutta la storia, e che a sua volta provoca intense passioni di ogni sorta, è composta da Sexilia, una giovane ninfomane membro del violento gruppo musicale Las Ex e figlia di un brillante ginecologo, e da Riza Niro, erede di un imperatore musulmano spodestato, che si interessa più ai cosmetici e agli uomini che alla politica internazionale.
NdA: è un film sgangheratissimo, ma divertentissimo se preso con il giusto spirito. Gli esordi di Almodóvar restano molto più citati che realmente visti e tutti quelli che hanno parlato di “ritorno alle origini” per il deludente Gli amanti passeggeri dovrebbero ripassare da qui. Sarebbe da vedere in spagnolo perché il frettoloso doppiaggio italiano non rende giustizia. Momento cult quello con ,o stesso regista e tale MacNamara che cantano l’incredibile Gran ganga...
© RIPRODUZIONE RISERVATA