C'è lava e lava...

Sul sondaggio degli elettrodomestici decisivi sono combattuta, tra frigorifero e lavatrice. E confesso una profonda dipendenza da microonde, specialmente nell'approccio sbrigativo, che rappresenta ahimé il 70 per cento delle entrate in cucina. Ma io il mio piccolo spazio me lo sono guadagnata con un "no" (e buona pace del negozio). Alla lavastoviglie a casa, nonostante le pressioni, non abbiamo mai aperto le porte. Ci sono varie ragioni, e non ne rinnego neanche mezza. Era ingombrante, e la mia cucina ha tutto ciò che le conferisce una recondita armonia: quell'aggeggio proprio non avremmo saputo dove metterlo. Questa era la più banale delle scuse... In realtà, lavare i piatti a mano per me è un'isola felice. Non è questione di essere in pochi. La sensazione si accentua quando c'è una cena con amici... Quando loro se ne vanno e nell'aria resta quel momento di felicità condivisa, lavare i piatti mi rilassa. Mi sembra quasi di dire: sì, siamo stati bene, ora ci ripenso e intanto sistemo tutto. Un momento tutto mio, di sano lavoro che non pesa. Significa anche rassicurarmi, magari nel cuore della notte: sì, hai ancora qualche minuto per cui non correre e dedicarti alla tua casa. Tant'è che respingo ogni tentativo di aiuto. Certo, molte inorridiranno e altre protesteranno: già, ma le mani, peggio, le unghie nuove che tanto mi sono costate? Non facendo parte di questo club, non posso capire, lo ammetto e chiedo perdono. Però mi viene in mente, con un sorriso, la frase di mio nonno Mario dopo aver lavato i piatti. Lui, una vita al cotonificio e nei campi, e un'inaspettata vocazione casalinga, che lo induceva a indossare il grembiule quando rifaceva i letti. Nella sua voce una scia di ammirazione per il detersivo per piatti, nuova meraviglia della natura: "Ho le mani morbide di una signorina".

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