Sala d'attesa, tutti indaffarati con il cellulare. Tra i ragazzini, due combattono la noia a fatica. Finché si illuminano e mi verrebbe da prevedere l'arrivo di una playstation, o un altro marchingegno dalla borsa della mamma. Invece, uno dei due si gira e l'altro sorridente comincia a vergargli lettere sulla schiena, perché indovini la parola compiuta. Anch'io sorrido, perché da piccola facevamo quel gioco: durava poco già allora. Macché, loro continuano. Li contemplo per un quarto d'ora così immersi. E mi rallegro che certi giochi - sinceri e semplici - non si estinguano mai.

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