Il milione di Totò

Il milione di Totò

Le ultime battute di un film riportano in un mondo lontano, eppure offrono una speranza così attuale. C'è Totò che ha perso tutto e piange con un'enorme banconota da cinquemila lire in mano: come posso campare un mese così? Poi gli portano via anche quella e per un frammento di istante medita il suicidio. Infine, arriva una signora che gli restituisce il posto di lavoro e gli consegna pure un milione. Totò impazzisce di gioia e corre a un night, suppongo. Paga da bere a tutti, vuole sposare tutte (poi precisa, non le racchie) e grida una grande frase: aprite le porte alla vita. A noi, di questi tempi, il milione non lo consegna nessuno, se non a pochissimi qualche lotteria: eventualità su cui non è il caso di contare. A molti, il posto di lavoro non lo restituisce nessuno. Non subito, non quello che desiderava o sapeva condurre così bene. La nostra realtà è così differente, e senza spensieratezza a meno che si navighi apertamente nel mare dell'incoscienza. Eppure ci rimane nelle orecchie l'urlo di Totò: aprite le porte alla vita. Comunque, con o senza quei soldi in tasca. Sarà che viviamo in una città dove la Lega della prima ora - quella ruspante e capace anche di atti gioiosamente contraddittori rispetto ai proclami - volle fortissimamente dedicare una via al principe De Curtis. Ma ci viene da credergli, da seguirlo.

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