Il villaggio che ama Davide

Il villaggio che ama Davide

Dietro quella condivisione così ampia, così intensa della perdita di Davide – il giovane motociclista morto a Busto Arsizio in un incidente con la moto – c’è senza dubbio la solarità di quel ragazzo che tanti conoscevano e amavano. Eppure si coglie anche la peculiarità di un luogo che sa essere ancora umano, ai bordi della città. E’ quel Sant’Anna che dobbiamo definire rione, come gli altri della città, tuttavia è nato come villaggio e in fondo lo è rimasto.
Fate una prova confortante. In queste sere d’estate dove spesso le periferie hanno il loro guizzo di vita solo davanti a una gelateria o a un bar, passate in via Cassano. Guardate quelle palazzine dove sono rimasti tanti anziani, ma giovani famiglie si sono via via insediate: sono case come posate su cerchi che vogliono proteggere l’identità di un quartiere. A volte, si vede uno spettacolo bellissimo: all’inizio del villaggio, sui marciapiedi compaiono sedie di plastica, di quelle che si mettono nel giardino o sul terrazzo. Lì c’è un gruppetto di persone che si riuniscono, conversano e sono un piccolo specchio di una comunità.
Davide è nato in questo villaggio, Davide ci è cresciuto ed è rimasto negli occhi e nel cuore di ciascuno. Perché in un villaggio accade così. Non importa se a pochi metri c’è un traffico infernale (ma lui non è morto qui, vicino a casa sua e alla sua gente) e più in là ancora svetta Malpensafiere. Del resto, ogni tanto forse via Cassano non si ferma, perché passano le pecore con i loro pastori? Questo è Sant’Anna, con tanti problemi, certo, ma autentica. Si cresce tutti insieme. E insieme si resta.

 

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