Io confesso

Io confesso

Non è un film di Hitchcock, ma un reale dilemma interiore. 

Un ragazzino che chiede l'elemosina, e so che non devo dargliela. Non devo, perché chi lo manda, chi lo sfrutta, sa fare i conti. E finché più facilmente diamo monete ai bambini, sceglieranno sempre più di sfruttarli, poiché rende.

So che non devo dargli monete, e combatto dentro di me. Un ragazzo che avrà dieci anni e potrebbe essere in diversi luoghi consoni alla sua età. Non lì, sotto la pioggia, a chiedere la carità per conto di adulti, probabilmente familiari, senza scrupoli.

Combatto ancora. E vi svelo già il finale di questo film, cedo. Cedo, perché vivo in un Paese assurdo. Perché l'alternativa sarebbe chiamare la polizia o i vigii. E che accadrebbe? Che cosa potrebbero fare? Portare via il ragazzino da una famiglia che lo sfrutta e permettergli di avere una vita migliore? Neanche se avesse pochi mesi, sarebbe possibile.

Cedo, perché questo Paese buonista non è buono affatto. E io sono una degna italiana, a quanto pare. Me ne vado, con la rabbia che divampa, vedendo un ragazzo sotto la pioggia candidato a chiedere l'elemosina ancora e magari anche a rubare quando sarà più grande, mentre nel mio Paese tutto è tollerato. Ma niente di buono è permesso.

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