La cultura, Angioletto

Quando rivedo e rivivo il dolore, mi fermo tra le storie e gli incontri, per trovarmi in un piccolo ufficio.

Era un rifugio per tanti, un luogo dove non si poteva sfuggire al dolore, né alla speranza. Un segno distintivo era fuori: una vespa, appoggiata quasi per caso alla parete. Bastava per annunciare che Angioletto Castiglioni era lì e indurre a spingere la porta.

Negli anni le lacrime di Angioletto al ricordo di Flossenburg, della violenza e dell'innocenza calpestata dei bimbi, mi seguono. Ma le sue parole di fiducia, di più: fiducia nella cultura umanista, così la chiamava. Da seminare, proteggere, vegliare, unica arma contro le armi vili.

Fermarsi e ricordare è seminare. E innaffiare, curare, attenti ogni giorno.

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