Le code hanno i loro perché

Viaggiando in provincia, se ne contempla la varietà. Eppure... eppure si fa strada una costante: la coda, spettro di ogni città che si rispetti. Ma quando si è lì, immobili ad aspettare, si può meditare e cercare di dare una ragione all'eterna attesa. Al limite, se le motivazioni sembrano pretestuose, almeno ci si distrae o la si butta sul ridere: con il nervosismo che regna di questi tempi, è già una buona terapia.
A Saronno ti trovi in coda, perché, si sa, è la più milanese e si mette sulle orme del capoluogo lombardo. A Gallarate ti trovi in coda, perché se non ci passi da un poco, ti aspettano un po' di sorprese: nuove costruzioni, riferimenti che cambiano, e quindi rallenti. A Busto Arsizio, in questi mesi, sono spuntati i cantieri a volontà, e ti trovi in coda a ogni ora del giorno e della notte. Non è un modo di dire: in via Cassano il semaforo del cantiere Anas non si spegne col buio, perché c'è una corsia sola.
E a Varese? A Varese ti trovi in coda senza un perché. Arrivi all'uscita dell'autostrada ed ecco l'imbuto. E tu procedi lentamente, pensi che se non altro tra poco scoprirai la causa di questo temporeggiare. Macché, nulla trovi. Attenzione, c'è un camion con operai. No, falso allarme, era lì parcheggiato.
Rimettiamoci in viaggio. Finché, da qualche parte della provincia, ci fermeremo.

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