L'interno riposo

Due signori anziani seduti sull'unica panchina all'ombra di uno dei cimiteri di Busto. Dove unica è aggettivo riferita alla panchina, non all'aspetto dell'ombra, visto che bisogna scarpinare a lungo prima di potersi sedere da qualche parte.
Stanno conversando, come li abbiamo visti fare in altre occasioni. Storici sposi, amici, casuali conoscenti da cimitero non lo sappiamo. Lei fa tenerezza quando butta lì con fare fintamente da rimprovero a lui: questa è una cavolata delle tue. Il sorriso lenisce tutto, dalla battuta al caldo. Più in là si dibatte sulla storia degli elfi, posati sulle tombe dei bambini a Varese. Omaggi buoni o misteriosi, chi lo sa. Sulla lapide del prozio scomparso ormai oltre un secolo fa ogni tanto qualcuno mette fiori: lui ce li ha già, eppure una mano gentile una volta ne ha aggiunti altri. E' morto a 19 anni, questo giovane dal sorriso malinconico: chi mai può essere? Una volta è comparsa anche una targhetta che invocava la protezione per i propri cari. Forse è solo una commozione, una tenera devozione di fronte a una bellezza del viso e del cuore, che è stata afferrata dall'eternità.
Accadono - per fortuna - anche queste cose nei cimiteri, troppo spesso offesi. Un riposo eterno, o meglio interno perché appartiene a un mondo che viene solo sfiorato dal "fuori" in queste calde giornate che sembrano ancora più distratte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA