Scalfaro e noi nuovi barbari

Sono una pertiniana, come molti della mia generazione. Scalfaro è il presidente degli anni più difficili: lo ricordo per il legame con il mitico professore ormai bustocco, anche suo prof. La commozione nel suo messaggio di addio a Roggia lo scorso novembre: l'ha raggiunto, dopo qualche mese. Scalfaro era un presidente. Era un uomo, prima di tutto. Con luci e ombre come tutti, ma un uomo. Invece, a cosa assisto... l'esultanza dilaga sulla rete. Tra i leghisti c'è chi celebra, e qualcuno sogna un ictus o altro malanno che colpisca ulteriori personaggi. Pure tra la gente in comune. Uno in meno da pagare, ma tanto ne subentrerà un altro, è il dibattito. Alcune sono battute. Ma cosa c'è da scherzare di fronte alla morte? Siamo i nuovi barbari, che seppelliscono la pietà, con la complicità della rete che ci rende tutti giudici. Tanto per noi non ci sono conseguenze. Odiamo la politica, noi italiani. Ma la politica è fatta di uomini: a volte ottimi, a volte pessimi, spesso vie di mezzo. Ma uomini. La morte, la sofferenza, il male non va augurato neanche al peggior nemico, dicevano i nostri nonni. Forse ce lo siamo dimenticati. E forse quando spariamo certe battute verso qualcuno, se per lui non abbiamo pietà, possiamo pensare che ha figli, nipoti, genitori, insomma familiari. Chissà se impareremmo a stare zitti. Oppure è troppo tardi, per noi nuovi barbari.

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