Varese ah ah

Varese ah ah

Da ascoltatrice radiofonica piuttosto costante, adoro quando arrivano le telefonate dai vari luoghi d'Italia. E di questi tempi, incasso doppia preoccupazione. O sono alle prese con una seccante fase di vittimismo (prima preoccupazione) oppure c'è una nota stonata spesso, quando si affaccia la parola Varese (seconda, e più tangibile, preoccupazione). Specialmente se si toccano temi delicati - l'ultima conversazione ascoltata, riguardava i kebab - mi pare di percepire una sorta di pregiudizio. Ah ah siete di Varese. Quindi siete già così... sicuramente un po' razzisti, eh? Come state lì con la Lega? E il valzer continua. Un ah ah che risuona a prescindere, e che mi traasmette proprio fastidio. Perché questa città, questa provincia a maggior ragione (varia com'è), non si possono ridurre a un vuoto stereotipo, come nessuna al mondo peraltro. Perché Varese mi irrita quando è chiusa, mi stupisce deliziosamente quando spalanca le braccia. Perché è industria, è verde che combatte contro tutto, è cultura da sbiancare fior di città montate. Almeno Busto Arsizio si è trovata nei filmettini sciocchi solo per il suo nome, o così dicono. Ma questo è un territorio vario e meraviglioso. Vorremmo sentire un bell'"Aaaah", quando un ascoltatore annuncia di essere della provincia di Varese. Niente ah ah, per favore.

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