
Quello di Folco Orselli è, indubbiamente, uno dei nomi più importanti della scena live lombarda (e non solo). Si può considerarlo un loser di classe: cantava in un duo, dall’infelice nome Caligola, che passò da Sanremo Giovani senza lasciare traccia, ha dato vita a una formazione, la Compagnia dei Cani Scossi, che si è dissolta nel tempo, ma non ha mai perso la voglia di salire su un palco e conquistare un locale dopo l’altro armato solo della forza delle proprie canzoni.
E se non è commerciale quello che fa, quel connubio travolgente di canzone d’autore, blues (in Mi, per la nota musicale, ma anche per il capoluogo sempre nel cuore) e folk, lui piuttosto si pubblica da solo, come aveva fatto, ad esempio, con l’album Generi di conforto di cui va citato quello che suona come un proclama per tutto il suo modo di intendere l’arte: «Io mi chiamo Folco, viene da folk, popolo, sono un uomo del popolo e questo disco mi piace che sia una storia tra me e la gente. Per questo motivo ho deciso di farlo uscire per la mia nuova etichetta, per avere un dialogo diretto, meno intermediari, più verità».
Succedeva dieci anni fa e, da allora, non ha spostato di una virgola la sua visione senza compromessi.