Il sentiero dei nidi di ragno
Allo Spazio Gloria una pièce tratta dal primo romanzo di Calvino
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Il sentiero dei nidi di ragno
da Italo Calvino
con Stefano Annoni
alla fisarmonica Katerina Haidukova
regia Paolo Bignamini
dramaturg e aiuto regia Giulia Asselta
spazio scenico Michela Invernizzi
luci Alberto Comino
foto Andrea Lisco
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, in un momento in cui creare una «letteratura della Resistenza» era una questione aperta e scrivere «il romanzo della Resistenza» si configurava come un imperativo, Calvino sceglie di raccontare l’esperienza partigiana attraverso gli occhi di un bambino, Pin, un monello del carrugio, sboccato e candido al tempo stesso, ingenuo eppure furbo, spavaldo, ruvido e, a volte, perfido. In questo modo, l’indicibile, le tragedie, gli eroismi, le lacerazioni e i tormenti delle coscienze diventano, inaspettatamente, un mondo scanzonato, quasi allegro.
La storia è semplice: un bambino ruba a un soldato tedesco la pistola; di qui nasce tutto il racconto. Dietro a ogni gesto di Pin c’è il disperato desiderio di far parte di un mondo: con i bambini non riesce a stare, non lo capiscono, li fa arrabbiare, con gli adulti per un po’ è facile, si destreggia tra uno scherzo e l’altro, ma arriva sempre il momento in cui gli adulti diventano distanti, si fanno incomprensibili e cattivi, si rivelano ipocriti e traditori, e allora Pin non trova altra soluzione che la fuga. Ogni volta Pin corre via con un nodo alla gola e un vuoto dentro lo stomaco, che lo fanno sentire più solo che mai. Allora torna nell’unico luogo dove tutto, di nuovo, può tornare possibile, un luogo che conosce solo lui, dove i ragni fanno il nido, un luogo magico, dove può, finalmente, essere chi vuole, far quello che vuole, sognare quello che vuole, persino un amico con cui condividere questo segreto.
Raccontare la Resistenza attraverso gli occhi di un ragazzino in un mondo di «ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi» è per Calvino l’unico modo per non rimanere schiacciato dal peso della responsabilità a rendere conto di un momento così cruciale della nostra storia e per scongiurare il pericolo di scadere in una letteratura celebrativa e didascalica.