Mesi in coma per un batterio
Salvato nell'ospedale di Erba
All'inizio l'uomo, 44 anni, era stato curato a Lecco
Ora, a più di due mesi di distanza, l'uomo è considerato fuori pericolo: «Ha attraversato un periodo molto difficile - conferma Massimo Fiorini, primario del reparto di rianimazione del Fatebenefratelli - ma le sue condizioni sono nettamente migliorate». Su richiesta dei parenti, per questioni di comodità e vicinanza, il paziente è stato recentemente riportato al Manzoni, ma senza dubbio Cortese deve la sua vita alle cure intensive messe in campo dal reparto erbese nelle scorse settimane.
In seguito al ricovero di Alfredo in condizioni disperate, il fratello Mimmo aveva puntato il dito contro un medico dell'ospedale lecchese, colpevole - a suo dire - di aver sottovalutato i sintomi e di non aver disposto immediatamente un prelievo del sangue, individuando così per tempo la presenza dello stafilococcus aureus. Solo quando l'infezione era ormai palese, a due giorni dall'insorgenza delle prime linee di febbre, Alfredo è stato trasferito d'urgenza a Erba, perché al Manzoni non c'erano posti disponibili. Comincia così una lotta disperata tra la vita e morte. «Il problema - osserva Fiorini - non è tanto l'infezione in sé. Il problema è quando nel paziente si manifesta uno stato di shock settico, che può portare anche a un'insufficienza multiorgano: in questo caso, il reparto di rianimazione è chiamato a salvaguardare i valori vitali agendo su più fronti». Un lavoro molto difficile, che nel caso di Cortese ha regalato un bel lieto fine: l'uomo, infatti, ha superato il periodo critico e certo non può più essere considerato in pericolo di vita.
Restano invece in sospeso le accuse di Mimmo, che in una lettera inviata a inizio luglio al direttore generale del Manzoni, Mauro Lovisari, scriveva: «Questa denuncia non è solo dettata dalla rabbia o dal dolore che provo ogni volta che vedo mio fratello in quel letto della rianimazione, ma dal fatto che un medico non ha effettuato un semplice e banale prelievo del sangue che avrebbe permesso di capire che vi era in corso un'infezione da virus».
Lovisari, dal canto suo, aveva risposto a stretto giro di posta annunciando l'apertura di un'inchiesta interna - «Cercheremo di capire la ragioni che lo hanno indotto (il medico, ndr) a formulare una determinata diagnosi e valuteremo se, data la sintomatologia riferita, poteva essere fatto qualche cosa in più o meglio».
Luca Meneghel
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