Cronaca / Como cintura
Martedì 26 Maggio 2009
Muore a 22 anni
10 mesi dopo lo schianto
Luca Rugiero avrebbe compiuto 23 anni sabato. Era in stato vegetativo da luglio dello scorso anno. Aveva avuto un incidente con la sua Kavasaky ed era caduto battendo il capo
Era un giovedì, una serata caldissima. Luca era in sella al suo Kawasaky e stava tornando a casa, a Grandate, dopo una giornata di lavoro. Faceva il preparatore d’auto, alla concessionaria Bon Ber di Como. Se le Peugeot brillavano quando venivano consegnate al cliente, il merito era suo. «Aveva anche altre mansioni. Potevi chiedergli di tutto. Era un ragazzo di poche parole, ma di una disponibilità estrema. E infatti l’hanno assunto subito, a 19 anni, a tempo indeterminato», dice Fabrizio, uno dei suoi colleghi. «Ciao Luca, ci mancherà la tua semplice timidezza che ogni giorno ti accompagnava al lavoro», ha scritto la titolare a nome di tutti i dipendenti.
Luca era così, poche parole, tanti amici. Quella sera di luglio faceva caldo e lui bolliva sotto al casco. Andava piano, ma a un certo punto, all’altezza del distributore Erg di Luisago, si è trovato davanti una Fiat Barchetta ed è volato dalla moto. Luca è caduto male, con la testa, il casco si è sfilato e il giovane ha battuto il capo sull’asfalto. «All’inizio sembrava che si potesse riprendere, così avevano detto ai miei zii - dice il cugino Paolo Rugiero -. Ma poi è peggiorato e i medici hanno detto che come prima non sarebbe mai più potuto tornare». Nella caduta il ragazzo aveva riportato un trauma cranico serio, con un’emorragia interna. Luca è stato portato da un ospedale all’altro, dal Sant’Anna a Villa Beretta di Costa Masnaga, dai centri di Saronno a Vita residence di Guanzate, tutto nel tentativo di farlo stare meglio. Ma le gambe restavano paralizzate, le mani quasi immobili, gli occhi si aprivano ma non vedevano. Nonostante tutte le cure, costretto in un letto d’ospedale senza potersi muovere, era peggiorato fino al collasso del cuore, l’altra notte. Luca era ridotto a un vegetale, curato dai medici e dalle infermiere, vegliato fino all’ultimo dal papà e dalla mamma e dal fratello Paolo, che l’adoravano. oltre che dagli zii, dai cugini e dagli amici.
«La sua stanza era sempre piena, di parenti, di colleghi, dei ragazzi che avevano giocato a pallone o erano andati a scuola con lui», dice ancora il collega. Luca aveva giocato nell’Ardisci e spera e poi era passato all’Usd di Portichetto. «Aveva anche talento - lo ricorda il presidente dell’Ardisci Diego Coduri -. Noi abbiamo un carissimo ricordo di lui. Morire a quest’età è sempre una tragedia soprattutto per la sua famiglia». Anche Beppe Pisani del Portichetto ricorda «un ragazzo che aveva voglia di giocare insieme agli altri, che giocava per divertirsi, senza montarsi la testa. Un ragazzo come tanti altri che si comportava bene e andava d’accordo con la squadra». I funerali si svolgeranno stamattina, alle 10, nella parrocchiale San Bartolomeo di Grandate.
Anna Savini
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