Cronaca
Giovedì 09 Aprile 2009
A Cantù ascolta l'appello dell'Aquila:
"La mia casa per chi non ce l'ha più"
Offre il suo appartamento di Cantù: «E' vuoto – dice Edoardo Viganò – anche se ammobiliato. Non gli manca niente, e una famiglia, anche con dei bambini, avrebbe tutto quello che serve».
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L’idea a Viganò, sempre attento osservatore e critico commentatore della politica, è venuta di getto, l’altra sera, guardando la televisione. L’ennesima trasmissione dedicata alle conseguenze devastanti del terremoto di lunedì notte, sempre pericolosamente sospesa tra informazione e morbosità mascherata da diritto di cronaca. «Ho visto che in tanti si sono mobilitati per aiutare questa gente – spiega – e ho sentito che le comunità islamiche, spesso tanto vituperate, hanno aperto le loro moschee per ospitare le persone rimaste senza un tetto. Un bel gesto. E ho pensato che io, visto che sono un cattolico, e che credo fortemente nel valore della solidarietà e dell’accoglienza, non potevo restare senza far niente. Mi sono sentito in dovere di fare la mia parte». Cattolico vero, sottolinea con orgoglio, non di quelli che lo sono per finta o per abitudine. Il bel proposito non finisce con lo slancio dato dall’emozione, ma prende subito forma concreta. La forma di quelle stanze al terzo piano della sua casa, incuneata nel bel mezzo di via Fossano. Dove al momento non vive nessuno, e lasciare che le cose continuassero così, quando ci sono madri, bambini e anziani costretti a dormire in automobile o in tenda, non gli pareva accettabile. Casa dipinta di un verde che, per una volta non è retorica fine a se stessa, è davvero verde speranza. «L’appartamento oggi è vuoto – continua Edoardo Viganò – anche se ammobiliato. Non gli manca niente, e una famiglia, anche con dei bambini, avrebbe tutto quello che serve».
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Una casa per i terremotati Ci sono già gli inquilini