Cronaca / Como città
Mercoledì 22 Gennaio 2014
Alcol in discoteca
Come aggirano i divieti
I gestori del Made, dopo la rissa con due giovani, spiegano i trucchi usati dei giovanissimi. Riccardo Cecconello: «Ci inventiamo ogni controllo, ma non possiamo sostituirci alle famiglie»
Como
Non è solo colpa dei gestori del bar. I ragazzini sono abilissimi a non farsi scoprire e riescono a bere fino a star male.Lo dice Riccardo Cecconello, amministratore delegato del Made Club, la discoteca dove sabato sera c’è stato un ferito. L’unica discoteca in centro città, e che collabora con le forze dell’ordine affinché le serate scivolino via in sicurezza. «Ci siamo inventati ogni genere di controllo. Non possiamo permettere che il nostro lavoro possa essere messo a rischio da quei pochi che esagerano».
A parlare così e «Poi capita quello che esagera, e noi passiamo per il locale degli alcolizzati. Eh no, eh...».
Cecconello, 43 anni, è padre di famiglia: «Ho un figlio di 7 e uno di 3. Quello che faccio, lo faccio pensando anche a loro. Vorrei essere un buon imprenditore, ma anche un buon padre. Certe scelte le facciamo a ragion veduta». Ma ’sti ragazzini è vero che bevono come disgraziati?
«Percentualmente, dobbiamo essere seri e dire che si tratta di una minoranza. Certo la gioventù è cambiata rispetto a miei tempi». In che senso? «Io a 16 anni non sapevo nemmeno cosa fosse uno spritz, andavo a giocare all’oratorio. Oggi, se fate un giro in centro il sabato, vi accorgete che nei bar ci sono anche tanti giovanissimi a fare l’aperitivo. Tv, giornali che magnificano un certo mondo, e il ragazzo esagera senza saperlo. Certo anche le famiglie hanno le loro responsabilità...».
E lui lo vede sulla pelle del suo locale. «Se un genitore dice che si è accorto che il figlio non era tornato alle 11 di mattina, forse qualche cosa di sbagliato c’è. Se un padre mi telefona per convincermi a fornire superalcolici al tavolo della festa di compleanno della figlia di 16 anni, qualcosa che non va c’è. E io dico: non è che possiamo sostituirci alle famiglie, non è il nostro lavoro. Anche se gli sforzi sono grandi. Per dare l’immagine di un locale serio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA