Cronaca / Como città
Mercoledì 04 Marzo 2015
Cantavano a spese della Regione
Ma era tutto in regola: assolti
Il tribunale decide di non procedere: l’accesso ai fondi fu legittimo - Scagionati il presidente e i due manager del Coro Città di Como
Si è chiusa con una assoluzione tombale la vicenda della presunta truffa ai danni della Regione, commessa - così sosteneva la Guardia di finanza - dai manager del coro Città di Como presentando richieste di rimborso “multiple”, e per le medesime voci di spesa, fino a ottenere la copertura, con “cresta”, dei costi sostenuti per un tour di concerti tra Italia e Canton Ticino nel biennio 2010 - 2011.
Alle prime archiviazioni disposte autonomamente dalla Procura nei confronti del presidente del Coro Monica Dozio e di Marco Andreatta, amministratore della società che gestiva gli aspetti manageriali dell’ensemble, ieri mattina si è aggiunta la sentenza di non luogo a procedere emessa dal gup Maria Luisa Lo Gatto a beneficio di Paolo Andreatta, ex presidente del Tessile di Como nonché vero manager del coro.
Assistito dall’avvocato Davide Brambilla, Andreatta è riuscito in altre parole a dimostrare la propria estraneità alle contestazioni, figlie di una lunghissima attività investigativa (tre anni) e conseguenza del sequestro di migliaia di documenti, nel marzo del 2011. Si parlava di 96mila euro, che si ritenevano indebitamente ottenuti dal Pirellone attraverso la reiterata duplicazione di fatture sempre identiche, dopo avere provveduto a cambiarne semplicemente l’oggetto.
In realtà, quel “grand tour” musicale a cavallo del confine, costò circa 600mila euro - conseguenza sia del numero di recital sia del numero di musicisti e concertisti coinvolti - e fu finanziato parte con fondi Interreg (circa 380mila euro), parte con ulteriori fondi legittimamente sfruttati e legittimamente messi a disposizione da Regione, Provincia, Comuni, oltre che dalla Fondazione Cariplo. A questo punto è ipotizzabile che il giudice delle udienze preliminari abbia recepito le indicazioni fornite dalla difesa, che già all’indomani della conclusione della fase preliminare dell’indagine, aveva presentato una lunga memoria difensiva: vi si evidenziava, tra l’altro, la natura estremamente formale dei rilievi che venivano mossi, facilmente confutabili su un piano più operativo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA