Cantù, il futuro del basket
Allievi: «Con i tifosi si può fare»

Cantù

Lui non sembra avere dubbi: «Siamo di nuovo all’Anno Zero. Ma dobbiamo uscirne entro cinque o sei mesi».

Roberto Allievi, il figlio dello storico presidente vincitutto Aldo, titolare di Canturina, l’azienda di Senna distributrice di bevande, si immagina un nucleo di sponsor al centro dell’azionariato popolare, in grado di gestire al meglio la Pallacanestro Cantù.

Allievi chiede alla presidente Anna Cremascoli, intenzionata a lasciare alla fine del campionato, di proseguire l’avventura.

Intanto, mentre punta il dito contro l’eterno cantiere del palazzetto, Allievi sottolinea come la sopravvivenza del basket sia prioritaria rispetto ai risultati sportivi.

Allievi, c’è chi pensa che il basket sia a rischio. Ma c’è anche chi ritiene fondamentale la partecipazione con l’acquisto di azioni a 10 euro l’una. Per il valore nominale di 1 euro. E un valore affettivo difficile da calcolare. Lei cosa ne pensa di questa iniziativa di azionariato popolare?

Non so dire se sarà il futuro, anche se vedo come positiva la partecipazione del pubblico. Penso che la soluzione più logica sia mettere a fianco dell’azionariato popolare un nucleo di sponsor, quelli attualmente vicini alla Pallacanestro Cantù. Senza, non penso che si possa andare lontano. Non vedo un singolo imprenditore appassionato di basket che possa farsi carico della gestione. E trovare una nuova Cremascoli, come prima lo erano stati Polti, Corrado e mia padre, è dura.

Ma è possibile l’affiancamento tra il pool di sponsor e la partecipazione dei tifosi per recuperare questi 2 milioni di euro scomposti in 200mila azioni?

La strada più praticabile è affiancare i due aspetti. Probabilmente bisognerà ridimensionare, almeno nei primi anni, gli obiettivi. I 4 milioni e mezzo di euro annui complessivi di cui si è parlato sono necessari per una squadra competitiva. Un ragionamento del genere oggi mi sembra prematuro.

Quindi sarebbe come ricominciare da capo. Questo non la spaventa?

Vede, nella storia la Pallacanestro Cantù è passata da tanti Anni Zero. Così è stato quando fu presa dalla famiglia Casella, quando la prese mio padre, quando non sembrava esserci uno sponsor a fine Anni Sessanta, quando siamo finiti in A2, quando arrivò Polti. Non dobbiamo buttarci per terra. Cominciamo a lavorare.

A proposito di lavorare. Ci si aspettano ritmi accelerati per il cantiere del palazzetto di Corso Europa. Quanto, secondo lei, la realizzazione non ancora avvenuta di un impianto sportivo per la pallacanestro ha influito sui destini della società?

Penso che il problema del palazzetto sia collegato a tanti fattori. Ma la realtà vera è che la squadra non ha mai avuto un palazzetto pubblico da poter utilizzare. Questo di oggi è partito come un’opera faraonica che ha avuto sempre il problema di quadrature economiche. Ma il vero disastro è stato iniziare una nuova costruzione dopo aver abbattuto il palazzetto che, invece, si doveva finire. Adesso, con la situazione economica generale che è quella che è, è tutto più complicato.

Esiste una soluzione? Come se ne esce?

C’è solo da lavorare. Chi ha buona volontà e possibilità di dare un contributo deve farlo. Anche io, nel mio piccolo, cercherò di lavorare per dare un futuro per qualcosa che resta legato nel cuore. Non posso dimenticare gli straordinari successi conseguiti durante la gestione della mia famiglia. Sarò parte di questa avventura. Ma mi auguro che Anna Cremascoli, che mi sembra disponibile, rimanga parte di questo gruppo. In che modo, lo deciderà lei.  Christian Galimberti

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