Caso Yara. L’avvocato comasco è rimasto da solo

C’è tensione dalle parti della Procura di Bergamo, impegnata - come noto - in una delle indagini più delicate della sua storia recente, quella per la morte della povera Yara Gambirasio.

L’unico indagato, l’operaio Massimo Bossetti, provvisoriamente incastrato da una prova del Dna sulla quale si è dibattuto e si dibatterà probabilmente ancora a lungo, è difeso - come noto - dall’avvocato comasco Claudio Salvagni che almeno fino a ieri aveva condiviso il delicatissimo incarico con la collega del foro di Bergamo Silvia Gazzetti, indicata d’ufficio il giorno dell’arresto del carpentiere.

Ieri l’avvocato Gazzetti ha rimesso il mandato. I motivi della scelte - si legge tra l’altro in un comunicato stampa - sono le «inconciliabili posizioni rispetto a quelle espresse dal collega» comasco in merito alle scelte difensive fin qui assunte e, verosimilmente, alle tante ancora da decidere nei mesi a venire.

Dalle parole usate dalla Gazzetti si evince chiaramente l’esistenza di dissensi non conciliabili con il collega comasco.

Intanto la Procura cerca di accelerare le tappe dell’indagine, mentre non passa giorno che non emergano nuovi dettagli. Il settimanale Oggi, a fine novembre, aveva pubblicato la testimonianza di una donna che sostiene di avere visto Bossetti nei pressi della casa dei Gambirasio proprio la sera della scomparsa di Yara, mentre emerge che, quando la madre di Bossetti fu convocata in Procura per l’esame del Dna, lei e il figlio furono protagonisti di un frenetico scambio di telefonate da cellulare e cellulare.

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