Cronaca / Como città
Lunedì 29 Giugno 2015
Che pasticcio sulla casetta
I proprietari al Comune: ricostruitela
Errori, atti “dimenticati”, intrecci societari, ricorsi al Tar: la vicenda del chiosco realizzato lungo la passeggiata Amici di Como si trasforma in un vero e proprio intrigo
Con una mail certificata questa mattina (lunedì 29 giugno) i proprietari della tanto contestata casetta sulla passeggiata Amici di Como hanno chiesto al Comune di riedificare il chiosco in legno, eliminato dal lungolago il 4 giugno scorso.
Una richiesta che segue l’ordinanza con cui il Tar della Lombardia ha accolto la sospensiva presentata dalla Chops srl, la società proprietaria della casetta.
La vicenda sta creando non poco imbarazzo in Comune. Perché con il passare dei giorni stanno emergendo lacune e dimenticanze da parte degli uffici di Palazzo Cernezzi. Il primo ad ammetterlo è lo stesso sindaco, Mario Lucini: «Ci sono stati degli errori - afferma - tanto che noi per primi siamo tornati sui nostri passi revocando la concessione iniziale».
Ma la questione è più intricata di come appare. Dalla lettura degli atti vengono a galla, infatti, oltre alle “sviste” dell’amministrazione, anche curiosi intrecci societari che - ad esempio - legano la società incaricata dal Comune di rimuovere la casetta ai proprietari della stessa.
Un iter zoppicante
Il primo seme della casetta viene piantato sul lungolago a marzo, quando Roberto Cassani, presidente del Consorzio Como Turistica, presenta una Scia (la Segnalazione di Inizio Attività) al Comune per organizzare la vendita di prodotti tipici lariani sulla passeggiata a partire dall’1 maggio e fino al 31 ottobre nelle sole giornate da venerdì a domenica, ma ancora non si parla di strutture fisse.
Si inizia a ventilare la predisposizione di un “chiringuito” in legno un mese dopo, a metà aprile, quando sempre il Consorzio integra la Scia citando espressamente la realizzazione di una “casetta con wc” per la vendita di prodotti tipici, libri e un mercatino per la festa di primavera. Un paio di giorni dopo la prima sorpresa: la Scia del Consorzio viene affiancata da una richiesta simile, con tanto di occupazione di suolo pubblico proprio lungo la passeggiata, dalla Chops srl. In Comune nessuno batte ciglio, nonostante la sovrapposizione di due richieste apparentemente in contraddizione, visto che il Consorzio non avrebbe mai comunicato formalmente a Palazzo Cernezzi l’intenzione di dare in gestione alla Chops la casetta. L’allora dirigente del settore, Giovanni Fazio, nulla eccepisce sulla Scia (che diventa operativa se nessuno - come in questo caso - la rigetta espressamente) e concede il 29 aprile (ma la comunicazione sarà data solo il giorno dopo) l’occupazione di suolo pubblico al Consorzio. Peccato che i lavori per la casetta il 29 fossero già quasi finiti.
Il 30 aprile il Comune cambia idea e tenta di correre ai ripari avviando una procedura di riesame sull’edificazione della struttura. Lo stesso giorno si rifà viva la Chops che presenta una nuova Scia per l’attività di bar, mensa e cucina sul lungolago. Anche in questo caso Palazzo Cernezzi formalmente tace. Iniziano giorni frenetici con tanto di convocazione (e successiva sospensione) della conferenza di servizi per l’autorizzazione paesaggistica (mai arrivata). Il 12 maggio il Comune annulla la concessione data al Consorzio Como Turistica e gli intima la rimozione entro 7 giorni, ma nulla viene comunicato alla srl desiderosa di aprire un chiosco-bar in una zona di grande richiamo e sicuro successo commerciale ed economico (come dimostra la scorta di cibo e bevande, tra cui molti superacolici per happy hour, trovata nella casetta).
Rimozione con giallo
Dopo una serie di proroghe chieste e accordate e l’impegno dell’avvocato Massimo Ambrosetti (legale della Chops) di rimuovere il tutto il 26 maggio, si arriva all’ultimatum del 3 giugno. La scadenza non viene rispettata e il Comune incarica (su indicazione della Csu) Riccardo Ballerini della rimozione. Il 4 giugno, però, gli operai di Ballerini si presentano in ritardo e spariscono in meno di un’ora, senza smontare quasi nulla e costringendo il Comune a incaricare un’altra ditta di completare la rimozione nottetempo. Poche ore dopo arriverà la sospensiva del Tar.
«Io mi occupo anche di sfratti - ha spiegato il “buco” tirato al Comune lo stesso Ballerini - E quel giorno, quando ho saputo che sul posto non c’era l’ufficiale giudiziario e nonostante questo il Comune aveva chiesto ai miei ragazzi di forzare i lucchetti della casetta, mi sono consultato con il mio avvocato. E lui mi ha detto che avrei commesso un’effrazione e non mi conveniva procedere perché mi avrebbero potuto fare causa. Ecco i motivi per cui ho deciso di rinunciare». Rinuncia mai comunicata, neppure informalmente, a Palazzo Cernezzi.
Agli uffici comunali non è passato però inosservato il fatto che Ballerini sia legato ai proprietari della casetta. Nell’accettazione dell’incarico, infatti, l’imprenditore ha presentato un preventivo su carta intestata della società Traslocare.it indicando però al Comune la Jonathan srl come società a cui pagare la prestazione. Soci di questa società sono tra gli altri Bruno De Benedetto e l’avvocato Ambrosetti. Quest’ultimo è il legale che ha vinto il ricorso al Tar per conto della Chops, mentre De Benedetto non solo possiede – attraverso la Indate srl – quote della stessa Chops, ma è anche compagno di Tatyana Khvostova, consigliere della società proprietaria della casetta e titolare del 39% delle quote della stessa srl.
Ma il coinvolgimento della Jonathan, si sono affrettati a precisare sia De Benedetto che Ballerini, è stato un errore. «Nel preventivo firmato da Traslocare.it - ha spiegato Ballerini - sono stati sì inseriti i dati bancari della Jonathan, ma a causa di un errore del sistema gestionale. Inoltre la stessa Jonathan si occupa di tutt’altro, e non avrebbe neppure potuto svolgere l’incarico richiesto dal Comune». In sintesi: è vero che chi avrebbe dovuto smontare la casetta è l’amministratore di una società che vede tra i soci anche il proprietario della casetta stessa, ma quella società non ha avuto alcun ruolo in questa vicenda.
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