Gli operai: «Renzi non è uno di noi»

Viaggio tra i dipendenti della Sisme, che lottano per il posto di lavoro: «Con la flessibilità parte male»

Ma c’è anche chi ce l’ha con i sindacati: «Devono cambiare mentalità e non tutelare chi non fa nulla»

«Con simili prese di posizione, Renzi si brucia in partenza con la classe operaia». Questo il tenore dei commenti tra i lavoratori Sisme (dove il posto si rischia davvero) rispetto alla ricetta liberista del neosegretario del Pd, Matteo Renzi, favorevole a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, a partire dai licenziamenti più facili per i dipendenti a tempo indeterminato, per ridurre il ricorso al lavoro precario e atipico.

«No al modello svizzero»

Marina Cedraschi, scettica sugli effetti di una maggiore flessibilità in uscita, invita tuttavia il sindacato a un cambiamento di rotta: «Con questi discorsi, mi sembra di ritornare alla querelle dell’articolo 18. Ci deve essere una tutela di fondo per evitare il modello, tipo svizzero, che dall’oggi al domani si possa perdere il lavoro senza giusta causa o soltanto perché non si serva più all’azienda. Anche il sindacato, però, deve cambiare mentalità; non deve tutelare tutti allo stesso modo a prescindere dal merito perché, come ogni situazione, anche sui posti di lavoro c’è chi fa il proprio dovere e chi no».

Nettamente contrario Alessandro Costantino: «E lui sarebbe il nuovo segretario del Pd? Complimenti! Anziché sostenere i lavoratori e difenderne le tutele, sempre più messe a rischio da contratti peggiorativi, Renzi sta dalla parte degli imprenditori cosicché, d’ora in poi, potranno licenziare come e quando vogliono. Renzi fa finta di essere di sinistra, con queste posizioni si mette contro gli operai». I più non ne fanno una questione ideologica, ma di sostanza: «Non è con i licenziamenti facili che si creano posti di lavoro – aggiunge Costantino – Bisogna costruire il lavoro. Non è corretto che le imprese beneficino di finanziamenti pubblici e poi vadano all’estero. È su questioni come la disoccupazione, il precariato, la progressiva deindustrializzazione in atto in Italia che Renzi deve avere un progetto». Sulla stessa linea Lucia Rizzo: «Tanto più in questo momento, che l’argomento mi tocca da vicino, non posso che essere contraria. La regolamentazione del lavoro non sta nel facilitare i licenziamenti. Non è così che si creano più opportunità di lavoro, ma più disoccupati, più persone senza reddito e più precari. Se è vero che non ci si può limitare a mettere in sicurezza i lavoratori con ammortizzatori sociali, è altrettanto vero che non è con i licenziamenti facili che si rilancia il lavoro. L’unica vera leva è una seria politica industriale, che in Italia manca».

«Siamo già in mobilità»

Il collega Aldo Prizzi si dichiara: «Per nulla meravigliato di quest’uscita di Renzi, che reputo il nuovo Berlusconi. C’era da aspettarselo da uno che aveva espresso parole d’apprezzamento per la riforma Fornero e il modello Marchionne. È una sciocchezza dire che i licenziamenti facili creino più posti di lavoro meno precari». Monica Bianchi aggiunge: «Renzi mi ha delusa. Tanto più vista la situazione nella nostra fabbrica, dove è aperta una procedura di mobilità per 223 su 494, non posso che essere in disaccordo con Renzi. Non credo che si creino posti di lavoro rendendo più semplice licenziare». n

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