La Corte di cassazione ha accolto il ricorso dei difensori dell’ex allenatore di calcio arrestato nella primavera di due anni fa per una serie di episodi di violenza sessuale tentata e consumata ai danni di giovani atleti del Sagnino calcio, per il quale l’allenatore lavorava. I giudici hanno “cassato”, come si dice in gergo legale, la sentenza di condanna emessa in appello a Milano l’8 maggio del 2012, quando l’imputato beneficiò di un sensibile ridimensionamento della condanna a tre anni e otto mesi rimediata in primo grado a Como. Ne uscì con due anni e quattro mesi, poiché, a differenza dei colleghi comaschi, i magistrati d’appello ritennero di potergli concedere la prevalenza delle cosiddette circostanze generiche sulle aggravanti contestate nel capo di imputazione.
In altre parole concessero una rilettura più benevola della portata offensiva dei suoi gesti (l’allenatore si era anche scusato in aula davanti al giudice, non potendolo fare direttamente con i familiari dei ragazzi, poiché detenuto agli arresti domiciliari).
Il rinvio al secondo grado di giudizio, sarebbe legato a questioni di natura puramente tecnica. Secondo i suoi avvocati, e a questo punto anche secondo la Cassazione, la sentenza milanese non avrebbe correttamente conteggiato le pene inflitte, fino al conto conclusivo, per ciascuno degli episodi di tentata violenza.
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