Cronaca / Como città
Mercoledì 24 Luglio 2013
Como, l’ultimo lavandaio
della Valle dei Mulini
Luigi Ostinelli, 80 anni, è l’ultimo lavandaio della Val Mulini
«L’acqua all’epoca era così pulita che potevi berla con le mani»
Ha lavato a mano i panni di tutto il quartiere con l’acqua della roggia molinara della Val Mulini quando era talmente pura che si beveva e dalla piazza di Camerlata arrivavano per pescare gamberi.
A mano sui sassi
Ma non solo perché con il suo cavallo ha consegnato capi ripuliti in tutta la città. Luigi Ostinelli, 80 anni, è l’ultimo lavandaio della Val Mulini che ha iniziato nell’attività artigianale di famiglia e non ha più smesso di portare avanti la sua passione anche quando sono cambiati i tempi con i metodi e i prodotti per lavare. Fino al 1958 alla “Giovanni Ostinelli lavanderia” che poi ha chiuso anche per l’avvento delle prime lavatrici nelle case. Ma il signor Ostinelli non ha mai smesso di fare il lavandaio. «Hanno iniziato mio papà Giovanni e mia mamma Adele Frigerio, erano contadini e sono arrivati nella Val Mulini dalla zona di Como San Giovanni - racconta - la valle era tutta verde come nel quadro fatto dal mio collega Fossati: c’era solo la “cascina del Dam” verso la Napoleona con un ciliegio che era tappa fissa per noi scolari e dove oggi c’è il lavaggio auto c’era un grande prato con tutti i pali per stendere mentre negli altri facevamo il fieno».
Sei lavanderie artigianali nella valle, tutte scomparse con l’ultima che ha chiuso qualche anno fa. Alla lavanderia Ostinelli si lavava di tutto.
«Tutto a mano sul sasso e alla famosa roggia molinara, poi negli ultimi anni è arrivata anche l’“abbattitrice” con un sistema che dava una mano nel risciacquo - spiega - usavamo spazzole, mastelli enormi e c’era la “fornella”: come un forno con griglie, si accendeva il fuoco per far bollire l’acqua in un calderone di rame per disinfettare mentre dalla “Società cooperativa proprietari lavandai” di Milano facevamo arrivare prodotti come “palton”, un sapone liquido adatto per sgrassare e “lisciva” tipo soda caustica».
Le consegne a cavallo. «Con Moretto di razza croata e con la “caretella” giravo per la città: via Luini, via Indipendenza e piazza San Fedele ma non solo, anche fino Villa Aprica - racconta - aveva le gomme piene come le carrozze per andare sulle strade sterrate e ogni anno si pagava il bollo in Comune da mettere accanto alla targa con il proprietario».
Formaldeide per disinfettare
Poi ha lavorato al sanatorio Grassi lavando e disinfettando con la formaldeide la biancheria anche di prigionieri di guerra e militari finché la Tbc è stata debellata e la struttura ha chiuso. Da lì fino alla pensione ha continuato il mestiere al Sant’Anna.
«Sono sempre riuscito a fare il mio mestiere che mi è sempre piaciuto molto» conclude soddisfatto l’ultimo lavandaio.
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