Le bocche cucite
E Il calcio che perde

Giusto una settimana fa un giovane arbitro veniva affrontato e aggredito su un campo da calcio di Calolziocorte - al temine di una gara per Allievi, un derby - da un coetaneo di sedici anni, con un calcio e uno spintone.

Tanto da mandare il giovanissimo direttore di gare in ospedale. Ad una settimana dal fattaccio non solo la giustizia sportiva ha già fatto il suo corso, ma anche una delle due società coinvolte ha preso delle decisioni forti. Tutto ciò, incredibilmente, senza però avere un “colpevole vero” dell’aggressione. Impossibile? No, è proprio così.

Per meglio capirci sintetizziamo cosa è avvenuto dopo il fattaccio di domenica scorsa. Non essendo stato individuato il colpevole dell’aggressione, ma solo la squadra di appartenenza (l’arbitro colpito di spalle, voltandosi, ha riconosciuto solo le maglie del Foppenico, una delle due squadre, l’altra era l’Ac Victoria), la squalifica pesante del giudice sportivo di un anno e sei mesi se la dovrà (a norma di regolamenti) scontare il capitano del Foppenico, alla sua seconda partita con la fascia al braccio: un dramma.

Questo accadeva giovedì pomeriggio. Il giorno dopo arrivava una decisione forte dalla società del Foppenico, che ritirava una delle due squadre Allievi e sospendeva, con la classica “riconsegna della borsa” , il giocatore che si ritiene possa aver colpito l’arbitro visto che poco prima dei fatti era stato espulso e poi nello spogliatoio (ad aggressione compiuta) aveva mostrato il dito medio all’arbitro.

Questi, come detto, i fatti schematizzati senza aggiungere le “briciole” e cioè le altre squalifiche a dirigenti della stracittadina Ac Victoria-Foppenico e le multe (il Foppenico tra l’altro ha chiesto alla famiglia del giocatore sospeso di contribuire a pagare) comminate per omessa vigilanza.

Ora non vogliamo in nessun modo andare contro un regolamento o le “leggi” scritte del calcio e della responsabilità oggettiva, già peraltro più volte messa in discussione per casi ben più eclatanti. Tuttavia, senza cadere nel moralismo cattedratico o giudicare un episodio che si giudica da sè, qualche riflessione è d’obbligo.

In primis ci chiediamo: come si sentirà un ragazzo di sedici anni che ha colpito (poco o tanto) un arbitro suo coetaneo e che assiste ora muto alla squalifica per 18 mesi di un suo compagno innocente?

E ancora. Come è possibile che al termine di una partita di calcio, con le squadre che vanno verso gli spogliatoi - con allenatori, accompagnatori, panchina e chi più ne ha ne metta (almeno 30 persone) - nessuno abbia visto un ragazzo che colpisce un altro ragazzo alle spalle? Ognuno, a questo punto, tragga le conclusioni e si dia le risposte che crede più opportune.

Per noi, in questa strana disputa, non c’è un vincitore, ma solo un perdente. Lo sport, o meglio il calcio, quello dei giovani e quello degli adulti che preferiscono stare zitti. Il fascicolo del giudice sportivo non è ancora chiuso. Un supplemento di indagine è possibile, basterebbe fare quel passo di onestà morale che scagionerebbe un innocente, un adoloscente che sta vivendo giorni terribili. E renderebbe meno dolorosi i “lividi” di un altrettanto giovane arbitro che vuole solo giustizia, sportiva s’intende.

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