Le mense dei poveri «Quei

mendicanti non vengono da noi»

Da via Grossi alla San Vincenzo, risposta uguale

«I questuanti del centro? Mai visti qui»

Ma confermano la presenza di un racket

Como

«Li vediamo in strada, ai semafori. Ma, in mensa, dei questuanti e degli artisti di strada che hanno ormai invaso Como, nemmeno l’ombra».

Non hanno dubbi, Andrea Taborelli, presidente dell’associazione Incontri che gestisce la mensa San Guanella di via Tommaso Grossi e Luciano Mastrapasqua, responsabile della mensa delle Vincenziane di via Tatti. E aggiungono «è ovvio che, dietro di loro, c’è un racket che non li manda certo a usufruire de servizi delle strutture assistenziali del territorio». Si tratta, dunque, di uomini e donne, spesso molesti con passanti e turisti, ma ignoti agli occhi di chi, tutti i giorni, aiuta centinaia di persone a sopravvivere e rifarsi una vita.

Il racket si nasconde

Perché il racket, come ha dichiarato anche Marco Mazzone, membro del Consiglio direttivo del Banco di solidarietà e presidente della Compagnia delle Opere, «preferisce nascondersi dietro a situazioni poco chiare, come quelle in cui ci capita d’imbatterci andando a consegnare a domicilio il pacco viveri. Ci sono casi di famiglie, - ha precisato - dietro a cui si nascondono presunte organizzazioni le quali non ricevono da noi alcun aiuto».

Così, «abitando in centro, vedo spesso le vie popolarsi di maghi, suonatori e accattoni - spiega Andrea Taborelli - persone, in preda alla più nera indigenza, che, però, non rientrano tra gli ospiti abituali della mensa che resta, comunque, aperta a tutti».

Inoltre, «se, c’è capitato di avvistare qualche frequentatore della mensa chiedere l’elemosina - precisa - è avvenuto al di fuori di qualunque organizzazione malavitosa. Sono - precisa Taborelli - persone disperate che non trovano un lavoro e vogliono potersi compare almeno un cartoccio di Tavernello. O di immigrati che, disoccupati, sperano di racimolare spiccioli da mandare al loro Paese d’origine».

«La differenza - dice ancora il presidente di Incontri - è che questi scelgono di farsi aiutare e raccontarci la loro storia.

Chi ha bisogno chiede aiuto

«E sono, anzi, ben felici quando comprendono che la società può ancora offrire loro una vita diversa». Così, «anche gli ospiti che accogliamo alla mensa delle Vincenziane - spiega Luciano Mastrapasqua - sono persone cadute in disgrazia o separati o divorziati che lottano tra la mancanza d’un lavoro e la necessità di mantenere consorti e prole.

«Si tratta - conclude - di persone di cui conosciamo bene la vita passata. Mai, pero’, un questuante o un artista di strada è venuto alla mensa».n

Sul sito webLe puntate precedenticon la denuncia del bancodi solidarietà

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