Paratie, incubo: fermi altri 2 mesi

È il tempo richiesto dall’istruttoria dell’Anticorruzione dopo l’audizione dei dirigenti del Comune

Tutto tranne che una formalità. Sei ore è durato il faccia a faccia, a Roma, tra i funzionari di Palazzo Cernezzi e il dirigente dell’Anticorruzione chiamato a seguire il procedimento di vigilanza sul progetto paratie. Un incontro «approfondito e intenso», per dirla con il sindaco Mario Lucini, terminato con una nuova richiesta di documenti da parte dell’Autorità presieduta da Raffaele Cantone al Comune di Como. E se poco o nulla trapela sui contenuti dell’incontro, una cosa appare certa al termine della giornata romana: il cantiere non aprirà di certo a maggio. E, anzi, rischia di restare chiuso per almeno altri due mesi.

È di sessanta giorni, infatti, il tempo previsto per la conclusione dell’istruttoria aperta dall’ufficio vigilanza varianti dell’Anac. E anche se il parere dell’Anticorruzione non è vincolante o ostativo a una ripresa dei lavori, di certo la riapertura del cantiere sarebbe un azzardo.

Davanti a Leonardo Miconi, dirigente dell’Autorità romana già consulente (tra l’altro) della procura antimafia di Napoli e responsabile dei controlli sui costi del dopo terremoto in Abruzzo, si sono presentati Antonio Ferro, responsabile del procedimento paratie, Pietro Gilardoni, direttore dei lavori e Antonietta Marciano, dirigente del settore legale.

Gli inquirenti dell’Anticorruzione hanno approfondito soprattutto tre temi, non certo di secondo piano: l’aumento esponenziale, anzi «abnorme», per dirlo con l’Autorità, dei costi dell’opera (arrivati a 32,9 milioni di euro contro un appalto iniziale - oneri di sicurezza inclusi - di circa 15 milioni); «la durata eccessiva della sospensione» dei lavori per predisporre la terza variante; infine la questione legata da un lato al cosiddetto “spacchettamento” degli incarichi di consulenza affidati da Lucini ai quattro progettisti dell’ultima versione delle paratie (con il sospetto aggiramento del codice dei contratti pubblici) e dall’altro le modifiche sostanziali del nuovo progetto rispetto all’originario.

E proprio questo aspetto rischia di essere quello più dirompente, perché potenzialmente potrebbe obbligare il Comune a rifare l’appalto per l’opera e vorrebbe dire ricominciare tutto da capo.

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