Cronaca / Como città
Domenica 21 Luglio 2013
Porsche in passerella
I 50 anni del mito 911
Raduno dell’auto mito che poi hanno proseguito verso Caiolo in Valtellina
Como
La Porsche è simile ad un gatto che fa le fusa. Se lo dicono gli inglesi, piuttosto restii a fare complimenti ai marchi stranieri, c’è da crederci.
L’ha ribadito anche ieri Sergio Baldini del Porsche Club Lario, dal finestrino della sua 911-997 color blu scuro del 2001, nel ruolo di apripista delle altre ventidue vetture della Casa di Stoccarda, in partenza per il “giro” attraverso delle vie cittadine.
Per il 50° della 911, sono arrivati al Centro Porsche Como di via del Lavoro, non solo dalla città e dalla provincia, ma anche da Lecco e Sondrio. Vari i modelli, tra cabrio e berlina, da quarant’anni fa a quelle di ultima generazione.
Tutte o quasi rigorosamente Carrera, con grinta da vendere. Ad accogliere i partecipanti al tour dell’anniversario il titolare Giancarlo Pettine, con il direttore Marco Teli e la responsabile marketing Antonella Clemente. Con loro il responsabile Porsche Italia, Luca Gentile. Accoglienza festosa, gadget e rinfresco.
Poi il briefing per il programma della giornata: proseguimento per Lecco e la Valtellina. Destinazione la pista del Caiolo per una “sgasata” senza tema di autovelox.
«Ma il paragone del gatto che fa le fusa – spiega Baldini – calza a pennello, perché le Porsche non fanno eccessivo baccano. Anche nei colori non sono appariscenti come altri marchi: sono tutte bianche o nere o blu scuro».
«Noi comaschi del club siamo una quarantina e con il presidente Mauro Invernizzi facciano molte gite. Una volta all’anno andiamo anche sulla pista di Monza. Solo per il gusto di andare a 250 all’ora in rettilineo e scalare, per fare la chicane in seconda, a 60 orari». «Ma l’esperienza più bella – conclude – che ancora mi commuove a raccontarla è dell’anno scorso, quando sono andato all’autodromo di Balocco per la manifestazione “In pista senza frontiere”. Ciascun partecipante ha fatto sedere a fianco un disabile.».
«A me è capitato un trentenne tetraplegico - prosegue -. All’inizio avevo una gran paura di causargli reazioni di panico. Invece era tranquillo e, mano a mano che aumentavo la velocità, vedevo che si divertiva, anche nelle curve. Si capiva dai sui gesti che era felice. Quando siamo scesi mi ha abbracciato. Un’esperienza che non dimenticherò mai».
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