Profughi nell’ex caserma. Livio: «Massimo 30 e per un paio d’anni»

La presidente della Provincia sull’arrivo in città degli immigrati: «Abbiamo sollevato i Comuni da un problema»

Una trentina di profughi ospitata nella palazzina retrostante la sede dei carabinieri, per sgravare in parte i Comuni dall’incombenza dell’accoglienza.

È la disponibilità data dalla Provincia alla Prefettura e alla Caritas. «Noi, come Provincia, ci siamo mossi per dare una mano agli enti locali – spiega il presidente, Maria Rita Livio – Se la Provincia ha un immobile vuoto, può dare alla Caritas, su sollecitazione della Prefettura, degli spazi per persone che in questo modo non devono essere collocate in Comuni del territorio. Dal nostro punto di vista, facciamo un servizio ai Comuni». Sarà una situazione sotto controllo, rimarca il presidente: «Abbiamo chiesto garanzie ben precise alla Prefettura e alla Caritas, che verranno sottoscritte, e quindi la situazione sarà assolutamente controllata. Alla fine ci renderemo conto tutti quanti, anche i cittadini, che la presenza di queste persone non sarà disturbante».

Tempi e numeri certi: «Al massimo potremo accogliere una trentina di profughi, è un tetto invalicabile – precisa Livio – È un numero che abbiamo stabilito con la Prefettura e la Caritas, oltre il quale non si deve andare. Abbiamo dato la nostra disponibilità per un anno e mezzo, estensibile a due, ossia fino alla conclusione di tutte le pratiche». C’è un precedente: «All’epoca della guerra in Libano anche nel Comasco erano arrivati dei profughi, suddivisi nei vari Comuni – ricorda il presidente - Una sessantina di loro, fra cui interi nuclei familiari con bambini, dopo aver cercato di passare il confine verso la Svizzera ed essere stati respinti, vagò nei boschi. In loro aiuto si mobilitarono la Croce Rossa Italiana, il mondo del volontariato, alcuni Comuni e anche la Provincia, che aveva fatto da ente coordinatore».

La storia si ripete: «Ora si ripropone una situazione simile. È una situazione molto grave, che non possiamo risolvere a livello locale. Come amministratori, come rappresentanti sul territorio dello Stato, non possiamo tirarci indietro quando lo Stato, il ministero e la Prefettura chiedono la nostra collaborazione. Accoglienza vuol dire, come giustamente sostenuto dal sindaco di Erba, Marcella Tili, cercare di tenere insieme questioni diverse che riguardano la giustizia, la sicurezza, ma anche la carità cristiana».

Nel frattempo, sarà fatta pressione politica per porre un freno all’accoglienza indiscriminata. «Come Provincia – conclude Livio - invieremo una lettera al Governo per dire che l’accoglienza può essere fatta a certe condizioni e fino a certe possibilità, ma che non possiamo continuare ad accogliere indifferentemente e che è importante che entri in gioco l’Europa».

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