Scandalo paratie
Il mezzo milione
gettato per le idee

Il concorso fu gestito da Infrastrutture Lombarde

Giuria con Rognoni, arrestato poi per altre vicende

Una delle legittime curiosità sollevate dallo scandalo paratie, il “piccolo Mose” del lago di Como per sottolineare le strane somiglianze con l’opera di Venezia, è legata alla lievitazione dei costi. Come è possibile passare da un progetto che inizialmente costa 12 milioni di euro a un preventivo di spesa che a oggi viene calcolato in oltre 31 milioni di euro? Domanda semplice che esige una risposta chiara: il denaro pubblico è stato gestito in maniera disinvolta, forse troppo. E se c’è stato spreco conclamato lo dirà la Corte dei conti che, appunto, sta indagando su questa ipotesi e, nel caso, indicherà gli eventuali responsabili che dovranno risarcire.

Un uso disinvolto del denaro pubblico, ad esempio, c’è stato per il concorso internazionale di idee per il lungolago. Finanziato con mezzo milione di euro e sostanzialmente inutile tanto che quei soldi è stato come gettarli nel lago. La vicenda è interessante ed è già stata oggetto di attenzione da parte della stessa Corte dei conti. Eravamo all’indomani dello scandalo del muro che oscurava il lago e dopo quel pasticcio Comune e Regione cercavano di riparare il danno. Così il presidente regionale Formigoni e il sindaco Bruni spinsero per trovare suggerimenti attraverso un concorso internazionale di idee per la sistemazione del lungolago di Como. Furono invitati undici studi di architettura di ottimo livello ma solo cinque presentarono progetti. Fu scelto quello dello studio “Cino Zucchi architetti” che ricevette i 50mila euro destinati al vincitore. La giuria che valutò le proposte era molto qualificata ed era presieduta dall’uomo forte di Infrastrutture Lombarde Spa, la società controllata dalla Regione, Antonio Giulio Rognoni, pochi mesi fa finito agli arresti per altre vicende legate a consulenze e appalti proprio di Infrastrutture Spa.

«Il concorso - dichiarò soddisfatto l’allora governatore Formigoni con accanto un soddisfatto sindaco Bruni - chiedeva ai partecipanti di definire un masterplan sulla intera fascia di lungolago da Villa Olmo a Villa Geno... La proposta vincitrice pone l’accento sui nodi si scambio tra mobilità pedonale e carrabile, sulla valorizzazione dei punti di contatto con l’acqua, sulla riqualificazione delle preesistenze e sull’enfatizzazione dei luoghi emozionali». In effetti deve alimentare forti emozioni la constatazione che di quel progetto non si è fatto nulla e che i 500mila euro messi sul piatto dalla Regione sono una parte di quei 31 milioni di cui oggi ci si chiede un perché senza farsene una ragione.

Il progetto dello studio Zucchi fu poi accantonato con due motivazioni: la bocciatura della Sovrintendenza e la valutazione di Comune e Regione che lo considerarono troppo caro perché per realizzarlo ci sarebbero voluti circa 8 milioni di euro. Questa seconda motivazione, però, oggi non sembra così valida se si tiene conto che anche il progetto varato dopo ha un costo pressoché analogo.

Interessante riletto alla luce di quanto è avvenuto dopo è un commento dell’architetto Zucchi: «In questi incontri (con il Comune) ci siamo resi conto di una verità innegabile: dato lo stato di avanzamento dei lavori e i vincoli creati dagli stessi, gli elementi principali... avrebbero dovuto essere realizzati sulla base del progetto originario; ogni loro modifica avrebbe infatti portato a rifacimenti e allungamenti dei tempi e dei costi inaccettabili nella situazione di tensione generale che si è formata su tutta la vicenda».

Sempre a proposito di Infrastrutture Lombarde sono da ricordare le polemiche sollevate dalla nomina di Fulvio Caradonna nel consiglio di gestionedella Spa regionale poco tempo dopo essere stato costretto alle dimissioni da assessore ai Lavori pubblici e da vicesindaco di Como proprio per lo scandalo del muro e delle paratie. Un incarico dovuto alla politica e all’esperienza pluriennale all’assessorato ai Lavori pubblici più che alla professione visto che è un odontotecnico. Ma Caradonna a Infrastrutture ci è rimasto poco: dopo è stato nominato in Atm e poi nelle Fnm. n 

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