Stampante in 3D made in Como
«Così creiamo posti di lavoro»

Oggi in via Cesare Cantù la dimostrazione della stampante tridimensionale: «Prodotta in Brianza con il 95% di componenti locali. Le potenzialità? Infinite»

Como

Alberto e Asanka te la raccontano come se ti spiegassero il metodo corretto per sorseggiare un bicchiere d’acqua: «Il funzionamento è semplice. Basta inserire un filo in Pla e dalla camera di estrusione esce...». Stop. Ricominciamo dall’inizio. Che poi è dietro l’angolo.

«Abbiamo aperto la società venerdì 13 giugno, alla faccia della scaramanzia - attacca Alberto Canali, che assieme all’ingegnere Asanka Withanaarachchi ha fondato la 3D Print - Perché? Qualche mese fa abbiamo visto Obama parlare al Congresso delle potenzialità della stampa tridimensionale e siamo stati abbastanza pazzi da farci prendere. Inoltre parliamo di una tecnologia che crea lavoro, e questa è la cosa più entusiasmante».

Alberto e Asanka raccontano la loro storia e intanto la stampante 3D, dietro la vetrina della “Bottega del colore” di via Cesare Cantù, sforna tazzine, maschere, oggetti di design, prototipi per motori.

«Per certi versi questa tecnologia è la vittoria dell’artigiano sull’industria - commenta Alberto Canali - La stampante, infatti, altro non è che una macchina a controllo numerico come fosse una fresa industriale, ma con costi decisamente diversi e alla portata di tutti».

La stampante in esposizione alla “Bottega del colore” - dove per oggi pomeriggio è fissata una dimostrazione per chi fosse anche soltanto curioso di scoprire il macchinario che secondo molti avrà un impatto sulla vita delle persone pari quasi all’arrivo dei computer - è un’altra storia nella storia.

«Viene prodotta dalla Sharebot, che è una società di Nibionno. E tutti i componenti arrivano da aziende meccaniche brianzole, ad eccezione di un paio di schede elettroniche».

La Sharebot, dal canto suo, è una società nata in un garage di Lurago d’Erba dall’idea di un erborista comasco, Andrea Radaelli, neotrentenne.

«Nell’ultimo anno - spiega ancora Alberto Canali, che commercializza la stampante pensata, creata e assemblata dalla Sharebot - la società di Nibionno ha assunto una ventina di dipendenti. Ripeto: è l’aspetto più entusiasmante di questa tecnologia, capace di creare lavoro anche in un momento come quello attuale».

Ma cosa se ne fa, uno, della stampante 3D? «Io, per esempio - racconta Asanka - ieri ho perso le chiavi della caldaia. Allora me le sono stampate». Aneddoto a parte, i campi di applicazione sono potenzialmente infiniti: «Chi ama il design sta puntando molto su questa tecnologia; lo stesso vale per il mondo dell’arte; anche le aziende meccaniche trovano più economico realizzare i loro prototipi con queste stampanti e poi ci sono gli architetti che da tempo la usano per i loro modelli. Ad Amsterdam hanno costruito una casa con la stampante 3D. E a Lione la utilizzano per ricostruire le ossa del cranio».

Quella in esposizione in via Cesare Cantù non sforna né villette né modelli biomedicali, ma dai giochi per i bambini a piccoli oggetti fino a modellini sono tranquillamente alla sua portata. «Gli oggetti vengono realizzati con un filo in Pla, che è una plastica totalmente vegetale e biodegradabile. Ma si può utilizzare anche plastica normale o nylon». Il costo? «Attorno ai 1.200. Ma solo qualche anno fa per una stampante 3D ce ne volevano 15mila». Benvenuti nella Silicon Valley.

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