Tragedia del lago
«Lui annegava,
Gli altri facevano foto»

Un profugo pakistano l’unico a tuffarsi. «Ho tentato di salvarlo poi ho chiesto aiuto inutilmente»

Si chiama Kashif Ali, ha 25 anni e arriva dal Pakistan. È il solo che l’altro pomeriggio si sia fatto largo nella folla di viale Geno, il solo dei tanti che hanno assistito alla scena, che abbia trovato il coraggio di tuffarsi nel tentativo disperato di salvare Jospin, quel ragazzino che annaspava chiedendo aiuto nelle acque accanto al piccolo pontile di fronte al ristorante, pochi istanti prima di trovarvi la morte.

«Non ci ho dormito tutta la notte», racconta oggi Kashif, a 24 ore di distanza, ospite, come diversi altri suoi connazionali, delle suore guanelliane di Lora sotto l’egida della cooperativa sociale Symploké. recentemente fondata dalla Caritas diocesana: «La morte, così da vicino - dice - non l’avevo mai vista».

Kashif è un cosiddetto “richiedente asilo”, etichetta aridissima che applichiamo alla gran parte dei profughi ospiti delle nostre città. Detto senza retorica, è però anche un ragazzo coraggioso, che non fa nulla per nascondere un’amarezza profondissima: «C’era molta gente a Villa Geno, eppure nessuno mi ha aiutato. Quando ho capito che non sarei riuscito a raggiungerlo, sono riemerso e ho chiesto aiuto... Stavano tutti lì, sulla riva, a guardare e a riprendere la scena con i telefonini».

La tragedia di Jospin Agossou Mididji, 14 anni, casa e famiglia a Seveso - dove era conosciutissimo sia come animatore del Grest sia come giovane e promettente calciatore - si è consumata in un attimo intorno alle 17.30 di sabato, con la zona del lungolago di Villa Geno piena di gente a passeggio.

«Erano in due - ricorda ancora il giovane pachistano -. Lui e un suo amico. È solo un’impressione, ma non posso credere che sapesse davvero nuotare (così come invece riferisce chi conosceva Jospin, ndr) perché appena si è gettato in acqua ha iniziato ad andare giù e a gridare».

È stato allora che senza pensarci troppo Kashif si è tolto le scarpe e si è buttato: «Ho tentato di raggiungerlo ma è scomparso in un attimo. Il lago, in quel punto, è scuro e profondo. Non riuscivo neppure a vedermi i piedi, le mani. Allora sono tornato in superficie e ho chiesto aiuto verso la riva».

Gli unici che si siano mossi lo hanno fatto per chiamare il 112 e attivare i soccorsi, arrivati più o meno otto minuti dopo, mentre, negli stessi istanti in cui da Malpensa un elicottero decollava per portare a Como i suoi colleghi sommozzatori, un vigile del fuoco - con altrettanto coraggio - si buttava in acqua per cercare di raggiungerlo.

Jospin è stato riportato in superficie prima dell’arrivo dei sub. Era a circa sette metri di profondità. Lo hanno rianimato per mezz’ora almeno, anche se ormai neppure un miracolo lo avrebbe restituito alla sua mamma, al suo papà e ai suoi fratelli. Kashif calcola che in tutto sia rimasto sott’acqua per circa 20, 25 minuti, forse anche qualcosa di più. Davvero troppo per sperare di poterlo rianimare, anche se il 118 ne ha poi disposto comunque il trasferimento all’ospedale Sacco di Milano, dove è stato definitivamente certificato il decesso.

Anche il giovane pakistano di Lora è stato soccorso dal 118, ma non si è voluto allontanare. Ha accettato una tazza di té caldo dal gestore del lido ed è rimasto lì, in riva, a osservare, accanto ai volontari della Croce azzurra, le manovre di medici e infermieri: «Speravo ce la facesse - conclude - Non lo dimenticherò mai».

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