Cronaca
Mercoledì 01 Giugno 2016
Tragedia di Tovo, in un biglietto
tutti i perché del dramma
Il marito ha lasciato due righe alla moglie. L’uomo era preoccupato per le condizioni del figlio.
I familiari annichiliti dal dolore cercano una “ragione” che possa spiegare il perché di questa immane tragedia. Vivono, come alla moviola, cercando a ritroso un particolare, una frase, un’espressione... come se esistesse un campanello di allarme per prevenire questo genere di drammi. Ma non sempre c’è. E se c’è, non sempre siamo in grado di “leggerlo”.
Gli inquirenti, invece, scavano a fondo in quelle vite spezzate per trovare quello che tecnicamente si chiama movente. E, per farlo, ieri hanno ascoltato decine e decine di persone tra Grosio e Tovo Sant’Agata.
Conoscenti, amici, parenti, colleghi di lavoro di Protasio Sala, 43 anni, compiuti proprio alla vigilia della tragedia, uomo irreprensibile e papà affettuoso che domenica pomeriggio ha ucciso, soffocandolo, Pietro, il suo unico figlioletto di sei anni. Poi si è lasciato cadere in un cappio.
Una tragedia avvenuta a Tovo Sant’Agata, nella villetta che la moglie aveva acquistato anni fa e che per il momento la coppia non abitava, avendo messo su casa a Grosio. La Procura della Repubblica di Sondrio ha disposto pure l’autopsia su entrambi i corpi, già sottoposti subito dopo il rinvenimento, a quella che in gergo si chiama “ricognizione cadaverica”, indispensabile per avere un’idea sulle cause e sull’ora del decesso.
Quello che l’inchiesta contro ignoti per ora ha appurato è che il bimbo non è morto per un incidente, per una fatalità, e che il dramma si è consumato in pochi attimi nel primissimo pomeriggio di domenica dopo che padre e figlio sono stati visti alle 12,45 entrare nella villetta di Tovo dove anche ieri la scientifica dei carabinieri ha effettuato rilievi tutto il giorno.
Più che una casa, un cantiere. Gli interni ancora al rustico, tanti lavori da fare e nessuna fretta di ultimarli. Lì, del resto, la famiglia Sala - nessun problema né economico, né di altra natura - non aveva intenzione di trasferirsi, ma piuttosto di lasciarla a Pietro.
Il bambino lo hanno trovato i parenti allarmati dalla moglie dopo aver mandato in frantumi una finestra al piano terra. Pietro era adagiato su una sedia a sdraio, con una coperta addosso. Pareva dormisse.
Il papà, invece, era al piano di sopra, nel vano scale. Appoggiato su un ripiano, il biglietto con il quale Protasio chiedeva alla moglie di perdonarlo: «L’ho fatto per nostro figlio». Su quel pezzo di carta si è concentrata ora l’attenzione dei carabinieri (sul posto, domenica, anche il colonnello Paolo Ferrarese) che stanno cercando di appurare se quelle poche righe l’uomo le ha scritte dopo aver varcato la soglia, oppure se già le aveva in tasca, e quindi se il delitto, sfociato in un omicidio-suicidio, lo avesse premeditato da tempo.
Nel cantiere della casa di Tovo, Protasio ha trovato quanto gli serviva per togliersi la vita e ultimare il suo folle piano innescato, a quanto pare, dai timori che l’uomo nutriva per il figlioletto, affetto da una menomazione all’udito. Le difficoltà che il bimbo aveva nell’esprimersi - per le quali era seguito a scuola da un’insegnante di sostegno - per Protasio erano diventate un problema insormontabile, mentre per il piccolo Pietro non erano una minaccia né per la sua serenità, né per i suoi rapporti con gli amichetti o con i compagni di scuola.
Non era autistico, aveva solo qualche difficoltà in più nell’apprendimento, ma il percorso scolastico che le insegnati gli avevano cucito addosso stava dando i suoi frutti. Era un bimbo apprezzato e ben voluto. Né deriso, né isolato. A catechismo interveniva con domande appropriate, a scuola era vivace e socievole.
È ancora più difficile, quindi, capire cosa sia scattato nella mente di papà Protasio, che evidentemente considerava quel “difetto” quasi una condanna a vita, senza alternative. Temeva per lui, insomma. Lo amava tantissimo. Voleva proteggerlo. E lo ha ucciso.
Ma per quanto ci si sforzi nel trovare un senso a ciò che senso non ha, alla fine resta il vuoto che ha ammutolito e straziato un’intera comunità, incredula davanti all’ennesimo dramma che si è abbattuto sulla Media Valle e che ora stanno vivendo la famiglia di Protasio e Piera Pini, infermiera al Morelli di Sondalo, che domenica si era allarmata subito non vedendoli rientrare per pranzo. Solo il giorno prima quella tavola era imbandita a festa per il compleanno del marito. Tutti parevano molto felici. Anche Protasio.
Il giorno dopo, quella visita fuori programma nella casa di Tovo, un luogo evidentemente simbolico, scelto proprio perché rappresentava il loro domani. I mille progetti fatti per quell’unico figlio. Poi lo smarrimento, la paura, l’angoscia e le mani che serrano la presa. E cancellano il futuro.
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