Trovato morto in cella: «Aspettiamo la verità dall’autopsia»

Oggi sarà affidato l’incarico per l’esame sul corpo di Maurizio Riunno, 28 anni. Restano i dubbi dei familiari: «Non crediamo che sia stato un gesto volontario»

«Aspettiamo l’autopsia. Così potremo sapere la verità». Vogliono togliersi tutti i dubbi, i familiari di Maurizio Riunno, il giovane di Lomazzo di 28 anni trovato morto nella sua cella al carcere del Bassone. Marta, l’attuale compagna, è ancora incredula. «Lo avevano lasciato dieci giorni da solo, non crediamo sia stato un semplice suicidio».

Riunno, arrestato il 21 ottobre scorso in quanto accusato di sequestro di persona e lesioni gravi nei confronti di Carlo Longo, 35 anni di Cassina Rizzardi, è morto nel pomeriggio di venerdì, con un lenzuolo stretto attorno al collo. Suicidio.

Proprio quel giorno era in corso un’ispezione da parte da parte del Dipartimento di Polizia Penitenziaria, voluto per capire le circostanze in cui, il 12 ottobre, era avvenuto un altro suicidio, sempre per impiccagione.

Riunno si trovava sotto osservazione, quattro celle presidiate da un agente, dove confluiscono i detenuti che hanno motivi di incompatibilità con gli altri. In questo caso, si trattava di esigenze giudiziarie, legate alle indagini ancora in corso. Venerdì pomeriggio verso le 16, gli agenti lo hanno trovato esanime, impiccato con le lenzuola della sua branda. Un agente a intervalli ravvicinati doveva controllare le sue condizioni in cella, ma ciononostante, è riuscito a mettere in atto il suo proposito.

Il pubblico ministero di turno, Simona De Salvo, ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio. Si tratta, in realtà, di un atto dovuto, in quanto permette di poter effettuare l’autopsia, esame previsto solo in presenza di un reato. Il suicidio, di fatto, non è un reato. Autopsia che, come sottolineato anche dagli stessi familiari, avrà la possibilità di togliere ogni dubbio.

Riunno era finito in carcere a seguito di un pestaggio punitivo avvenuto il 15 settembre, ma l’ordinanza di custodia cautelare era stata emessa ed eseguita solo il 21 ottobre. In cella, erano finiti il cugino Filippo Internicola, 42 anni di Lurago Marinone, al boss della ’ndrangheta Salvatore Giacobbe di Pessano con Bornago, il figlio di quest’ultimo Angelino Giacobbe, 24 anni, e Alessandro Solano, 36 anni.

Internicola è a sua volta accusato di essere uno dei cinque assassini di Ernesto Albanese, 33 anni di Fino Mornasco, ucciso con 30 coltellate e seppellito in una fossa in un giardino di via Patrioti 70 a Guanzate. E Riunno era anche l’ex cognato di Albanese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA