Ucciso in Iraq uno dei killer di Vittorio Arrigoni

Era diventato combattente dell’Isis. Condannato a 15 anni per l’omicidio del giovane pacifista di Bulciago, era fuggito in giugno dal carcere di Gaza

Mahmoud al-Salfiti, uno degli assassini dell’attivista italiano filo-palestinese Vittorio Arrigoni, è «morto nella regione di Anbar», in Iraq, dove “combatteva come soldato dell’Isis». Lo affermano alcuni account jihadisti. Al-Salfiti era fuggito lo scorso giugno o dal carcere di Gaza - dove scontava una reclusione di 15 anni.

Attivista e pacifista nella Striscia di Gaza, Vittorio Arrigoni originario di Bulciago e figlio del sindaco Egidia Beretta, la sera del 14 aprile 2011 viene rapito da un gruppo terrorista dichiaratosi vicino all’area jihadista salafita, all’uscita dalla palestra di Gaza nella quale era solito recarsi. In un video immediatamente pubblicato su YouTube, in cui Arrigoni viene mostrato bendato e legato, i rapitori accusano l’Italia di essere uno “stato infedele” e l’attivista di essere entrato a Gaza “per diffondere la corruzione”. Viene inoltre lanciato un ultimatum, minacciando l’uccisione di Arrigoni entro il pomeriggio del giorno successivo, e chiedendo in cambio della sua liberazione la scarcerazione del loro leader, Hisham al-Saedni, più noto come sceicco Abu al Walid al Maqdisi, e di alcuni militanti jihadisti detenuti nelle carceri palestinesi.

Il giorno successivo, il corpo senza vita di Arrigoni è rinvenuto dalle Brigate Ezzedin al-Qassam nel corso di un blitz in un’abitazione di Gaza;] secondo le forze di sicurezza di Hamas, la morte sarebbe avvenuta nella notte tra il 14 e il 15 aprile per strangolamento. L’autopsia svolta successivamente all’Istituto di medicina legale dell’Università Sapienza di Roma confermò i rilievi palestinesi.

Nei giorni seguenti, le indagini delle forze di sicurezza di Hamas conducono all’individuazione dei presunti responsabili del rapimento; il 19 aprile 2011 le forze armate di Gaza penetrano nel campo profughi di Nuseirat per eseguire gli arresti. Due terroristi - tra cui il capo, il giordano Abdel Rahman Breizat - rimangono uccisi in un conflitto a fuoco mentre un terzo viene fermato. Fonti dell’organizzazione salafita hanno successivamente dichiarato che la responsabilità del rapimento sarebbe da attribuirsi a un gruppo illegale “impazzito”

Il processo per omicidio inizia a Gaza l’8 settembre 2011 a carico di quattro soggetti (Abu Ghoul, 25 anni, Khader Jram, 26 anni, Mohammed Salfi, 23 anni, e Hasanah Tarek)] e si conclude il 17 settembre 2012 con due condanne all’ergastolo per omicidio e altre due a 10 anni e 1 anno di carcere rispettivamente per rapimento e favoreggiamento.] La famiglia Arrigoni in quell’occasione si era dichiarata contraria alla pena di morte per gli assassini.

L’omicidio di Arrigoni ha suscitato sdegno e proteste in tutto il mondo, ed è stato condannato in modo unanime dalle Nazioni Unite e da vari capi di stato. Le autorità della striscia di Gaza hanno tributato un “saluto solenne” con centinaia di partecipanti alla salma di Arrigoni prima del suo trasferimento verso l’Italia.

Per rispettare le volontà di Arrigoni, la famiglia ha disposto che la salma tornasse in Italia passando dall’Egitto e dal valico palestinese di Rafah anziché dal territorio di Israele. I funerali, svoltisi a Bulciago e celebrati da Monsignor Hilarion Capucci, hanno visto la partecipazione di migliaia di persone giunte da tutta Europa. L’assenza di rappresentanti del governo italiano e di un riconoscimento pubblico in memoria di Arrigoni hanno causato forti polemiche.

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