Ue: aiuti di Stato allle Regioni
Per l’Italia la copertura sale al 42%

Nuone norme: le disposizioni tengono per la prima volta conto del Green Deal e della digitalizzazione portando flessibilità e semplificazione. Le italiane a beneficiarne passano da 5 a 7 con l’ingresso di Molise e Sardegna

La Commissione europea ha messo a punto le nuove linee guida in materia di aiuti di Stato a finalità regionale che indicano le condizioni in base alle quali gli Stati membri possono concedere aiuti alle imprese e sostenere così lo sviluppo economico delle aree più svantaggiate. Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal primo gennaio 2022 e lo resteranno fino al 2027. E per la prima volta terranno conto del Green deal europeo e la digitalizzazione.

Diverse le novità introdotte. Innanzitutto, applicando le nuove linee guida la quota della popolazione Ue che potrà beneficiare degli aiuti sale dal 47 al 48%. Aumenta poi l’entità degli aiuti che potranno essere erogati alle piccole e medie imprese, alle regioni ultraperiferiche, alle zone di confine, alle aree svantaggiate nella transizione energetica e a quelle che si stanno spopolando. In generale, viene semplificata la struttura degli aiuti. Per l’Italia le regioni interessate al nuovo meccanismo passano da cinque a sette. Sardegna e Molise, a causa dell’andamento del Pil pro-capite dei loro abitanti, si vanno infatti ad aggiungere per i prossimi anni a Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Saranno così quattro su dieci gli italiani che potranno beneficiare degli aiuti pubblici in base alle nuove norme Ue, con la copertura che sale dal 34 al 42%.

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Il nostro Paese resta comunque sotto la media europea poiché saranno sempre gli Stati membri più poveri quelli che potranno erogare più aiuti. A poter erogare maggiormente aiuti di Stato a finalità regionale, sempre in termini di popolazione interessata, saranno dunque la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, la Lituania, la Croazia e l’Irlanda del Nord, dove la copertura si attesta al 100% dei rispettivi territori e quindi alla totalità della popolazione. All’estremo opposto si trovano la Danimarca e il Lussemburgo, dove soltanto il 7,5% delle persone potrà essere in qualche modo assistito dagli aiuti di Stato. Sempre in fondo alla lista, i Paesi Bassi (9%), Germania (18%) e Svezia (22%). Fissati i paletti di riferimento Ue, spetterà ai singoli Stati scegliere le regioni e le attività a cui assegnare gli aiuti. I servizi della Commissione dovranno poi dare il loro via libera alle mappe presentate dai governi verificando la congruità delle scelte effettuate con le norme europee. Dati oggettivi come le statistiche Eurostat indicheranno le aree più bisognose in base al Pil e al livello di disoccupazione consentendo di classificare le regioni appartenenti alla categoria A e C.

Le cosiddette aree A sono le zone più povere, con un Pil pro capite che tra il 2016 e il 2018 è stato inferiore al 75% della media Ue. Tra queste vi rientrano anche le regioni ultra-periferiche. Al rango C ci sono invece tutte quelle aree che nel precedente periodo di mappatura (2014-2021) erano state riconosciute come A, ma hanno poi visto aumentare il loro Pil. Ne fanno parte anche le regioni scarsamente popolate. Ma le nuove linee guida introducono una maggiore flessibilità che consentirà ai Paesi di individuare e indicare come C-non predefinite alle regioni considerate in ’transizione giusta’, cioè quelle che si trovano ad affrontare particolari difficoltà contingenti. Parallelamente aumenterà anche l’intensità massima degli aiuti per sostenere gli obiettivi del Green deal e della transizione digitale, con altri incentivi aggiuntivi per le aree svantaggiate. Nel caso dell’Italia l’applicazione di questa flessibilità dovrebbe consentire la messa in campo di azioni a sostegno di circa il 10% della popolazione.

Secondo la vicepresidente dell’esecutivo comunitario, Margrethe Vestager, le linee guida “consentiranno agli Stati membri di sostenere le regioni europee meno favorite” e “ridurre le disparità”, raggiungendo gli obiettivi di coesione “al centro della nostra Unione”. Inoltre, per la Commissione, gli orientamenti messi a punto “mantengono forti garanzie per impedire agli Stati membri di utilizzare denaro pubblico per alimentare operazioni di delocalizzazione, cioè ditrasferimento di attività produttive – e quindi di posti di lavoro - da uno Stato membro Ue a un altro. Una questione di fondamentale importanza per garantire una concorrenza leale all’interno del mercato unico”. Le linee guida sono state adottate a seguito di una valutazione delle norme attuali condotta nel 2019 e un’ampia consultazione con tutte le parti interessate, dalle amministrazioni locali alle associazioni di imprese.

A cura della redazione ANSA

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