Le Primavere di Lecco continuano martedì 24 maggio con il giornalista ed editorialista di Repubblica Federico Rampini. Alle 21al Teatro della Società a Lecco, metterà in scena lo spettacolo intitolato «Occidente estremo. Vi racconto il nostro futuro» , per la regia di Antonio Petris, con Gianna Fratta al pianoforte, Dino De Palma, violino e violino cinese, e Veronica Granatiero al canto. Abbiamo sentito Rampini appena rientrato da New York ed in procinto di presentare il suo spettacolo a Palermo.
Come mai ha scelto di alternare alla carta stampata il palcoscenico? Da dove nasce questa esigenza di portare in teatro le sue riflessioni economiche e sociali sul nostro mondo?
Premetto che a me piace molto scrivere, dunque non ho tradito la carta. Semplicemente ho scoperto che il palcoscenico è molto più “caldo”. C’è un contatto diretto con la gente che mi appassiona ed il livello di partecipazione è notevole. Oggi ragioniamo sul fatto che il pubblico, i lettori vogliono interagire ed a questo serve internet e tutti i social. Ma in teatro tutto questo avviene in modo esponenziale, c’è anche un rapporto “fisico” che è di grande soddisfazione almeno per me.
Veniamo allo spettacolo che vedremo martedì sera al Teatro Sociale a Lecco. Che cosa racconta questo suo “Occidente estremo”?
Come dice il sottotitolo vi racconto il futuro, perché ho avuto la fortuna di vederlo dove viene compiuto. Sono stato spesso nel posto giusto al momento giusto e qualche volta addirittura prima che le cose succedessero. Ho vissuto in Europa, sono stato in Cina ed ora vivo a New York: queste mie esperienze sono la base dello spettacolo, che è diviso in quadri. Il primo atto è ambientato a San Francisco, dove ho vissuto quattro anni, il secondo in Cina, dove sono stato tre anni ed il terzo a New York ed in Europa.
Una parte importante della sua proposta teatrale è la musica. Come dialogano i musicisti con le sue parole?
Io amo molto la musica ed il teatro mi consente di usarla in abbondanza. L’intervento musicale in “Occidente estremo” è fondamentale anche perché sul palco, con me, ci sono tre grandi musicisti. La colonna sonora del mio spettacolo è un dialogo tra la musica classica italiana (Vivaldi, Verdi, Puccini) e la musica antica cinese. Un evento certamente insolito e unico, reso possibile dall’incontro felice che ho avuto con Dino De Palma e Gianna Fratta, a cui è nata l’idea dello spettacolo. Loro vivono parte dell’anno in Corea ed hanno studiato le musiche orientali antiche. E’ stato così possibile impostare una parte musicale insolita e molto suggestiva.
Uno degli scenari mondiali che analizza è ovviamente l’Europa. Che impressione ha lei di questo nostro vecchio continente dal suo osservatorio americano? Siamo irrimediabilmente destinati alla decadenza o abbiamo ancora qualche carta da giocare?
Anche se abito quasi stabilmente a New York vivo con grande partecipazione tutti i drammi che stanno attraversando l’Europa. Forse perché li vedo da un osservatorio esterno posso dire di essere positivo nei confronti del futuro europeo. Vedo ancora tante forze positive e forse sono più facili da capire e interpretare se le si vede con gli occhi di un americano o di un cinese. L’Europa continua ad avere grandi qualità come per esempio un modello sociale che cinesi e americani ci invidiano. D’altra parte continuo a pensare che anche nel declino si può stare bene, nel senso che è proprio in questi momenti che si è sollecitati ad avere idee, ad esser più creativi.
Passiamo agli Stati Uniti. Come ci può spiegare il fenomeno Trump?
Il successo di Trump è uno di quei rari casi in cui gli Stati Uniti vanno a rimorchio dell’Europa. E peraltro con Trump non scopriamo nulla di nuovo. Se pensiamo a personaggi politici come Berlusconi, Salvini, Marine Le Pen, Orbàn in Ungheria e la destra austriaca, vediamo che c’è già tutto. Trump, da parte sua, non è un imprenditore come Berlusconi, è piuttosto un uomo di spettacolo, un grande intrattenitore. L’aspetto preoccupante in tutto questo, sta nel fatto che negli Stati Uniti nessuno aveva capito la portata di un personaggio come Trump. Anche i miei colleghi americani l’avevano sottovalutato. Del resto, l’adesione a Trump rivela il livello del disagio sociale che c’è ancora dentro la società americana nonostante i sette anni di ripresa economica. Trump evidenzia come le ferite lasciate dalla crisi economica siano ancora vive dentro la società statunitense
E veniamo alla Cina. Lei ci ha raccontato in anteprima la nascita del fenomeno cinese, la sua straordinaria cavalcata economica. Ora le cose sembrano essere cambiate. Cosa sta succedendo in quel Paese?
C’è in atto certamente un rallentamento economico; una situazione che crea tensioni e rivela evidenti fragilità.
Quello che però mi sembra il dato più rilevante della Cina attuale è la sua retromarcia sul fronte politico. Lungi dall’essere diventata una nazione più democratica, la Cina è oggi un paese in cui l’autoritarismo dei governanti è aumentato e questo è preoccupante.
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