Contagi da Covid
sul lavoro
A Como 772 casi

I dati diffusi dall’Inail si riferiscono ai primi sei mesi dell’anno. Dal Comasco il 4,3% delle denunce lombarde. Rischio più alto nella sanità

I contagi sul lavoro da Covid-19, rilevati dall’Inail da gennaio fino al 30 giugno scorso, sono 772 in provincia di Como, di cui due con esito mortale. Rispetto alla fine di maggio, quando erano stati censiti sul nostro territorio 721 infortuni sul lavoro per Covid, l’incremento è quindi molto contenuto e non si è registrata alcuna nuova vittima.

Nel dettaglio, le infezioni di origine professionale nelle aziende comasche hanno interessato 565 lavoratrici e 207 lavoratori. La fascia di età più colpita è quella dai 50 ai 64 anni, dove si registrano 326 contagi.

Prima Milano

Como vale solo il 4,3% del totale delle denunce arrivate all’Inail dalla Lombardia, che registra 18.032 infortuni sul lavoro da Covid con 113 casi mortali. Tra le province lombarde, al primo posto si trova Milano con 5.448 casi, seguita da Brescia (2.784) e Bergamo (2.385). La città orobica ha tuttavia il triste primato dei casi mortali con 32 decessi contro i 22 del capoluogo regionale ed i 20 di Brescia.

Rispetto alla data di rilevazione del 31 maggio, le denunce in Lombardia sono aumentate di 1.332 casi e gli eventi mortali di 19 unità.

A livello nazionale, i contagi sul lavoro sfiorano quota 50mila e i casi mortali 252, concentrati soprattutto tra gli uomini (82,5%) e nelle fasce 50-64 anni (69,8%) e over 64 anni (19,5%), con un’età media dei deceduti di 59 anni.

Dall’analisi territoriale emerge che più di otto denunce su 10 sono concentrate nell’Italia settentrionale: il 56,2% nel nord-ovest ed il 24,2% nel nord-est, seguiti da centro (11,8%), sud (5,7%) e isole (2,1%). Concentrando l’attenzione sui contagi con esito mortale, la percentuale del nord-ovest rispetto al totale sale al 58,3%. La Lombardia è la regione più colpita, con oltre un terzo dei casi denunciati (36,1%) ed il 44,8% dei decessi. Il 72,1% del complesso delle infezioni denunciate ed il 26,1% dei casi mortali si concentra nel settore della “sanità e assistenza sociale” (che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche, policlinici universitari, residenze per anziani e disabili) che, insieme al settore degli organismi pubblici preposti alla sanità (Asl), porta all’81,2% la quota dei contagi ed al 36,6% quella dei decessi. Seguono i servizi di vigilanza, pulizia, call center, il settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, alimentari), le attività di alloggio e ristorazione, il commercio ed il trasporto e magazzinaggio.

Le professioni

Con il 40,6% dei contagi denunciati, oltre l’83% dei quali relativi a infermieri, la categoria professionale dei tecnici della salute si conferma la più colpita dal virus, seguita dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,5%), dagli operatori socio-assistenziali (8,7%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%).L’analisi dei decessi rivela come circa il 40% riguardi personale sanitario e socio-assistenziale. Nel dettaglio, l’11,8% dei casi mortali codificati riguarda i tecnici della salute (il 63% sono infermieri), seguiti dai medici (9,3%) e dagli operatori socio-sanitari (8,1%).

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