«Cultura del design. Nessuno al mondo è come la Brianza»

Architetto, designer, imprenditore: Giulio Cappellini è stato premiato con il Compasso d’Oro alla carriera all’Adi Museum di Milano

Una personale lettura dei fenomeni del design e il sostegno a tanti giovani talenti sono le motivazioni del prestigioso Compasso d’oro alla carriera ricevuto da Giulio Cappellini, architetto, designer e imprenditore, lunedì scorso all’Adi Design Museum di Milano.

Un premio a un lavoro che ha parte delle sue radici in Brianza e si proietta nel mondo: c’è davvero un’unicità nei territori al confine tra Milano e Como?

L’80% dell’industria del design appartiene alla Brianza, che poi sia Como, Cantù, Meda o Lentate, non cambia. È questo un bacino fondamentale per le competenze e le idee che qui si sviluppano. Le industrie più importanti sono in questa area. Nel mondo esistono altre realtà di rilievo, negli Stati Uniti, in Germania, in Giappone e nel Nord Europa, ma non è un caso se per i giovani designer stranieri il sogno è progettare per una azienda italiana, anzi, brianzola.

Il gusto Made in Italy continua ad esercitare una forte attrattiva nel mondo.

Dobbiamo ringraziare l’industria, certo, ma anche l’artigianato che va salvaguardato ed è veramente il fattore che contraddistingue i nostri prodotti. Un macchinario può funzionare nello stesso modo a Tokyo come a Cantù, ma la mano dell’uomo è un valore altissimo che va preservato.

In cosa consiste questo insieme di talenti che si trovano solo nel distretto dell’arredo italiano?

C’è una cultura che in Brianza si respira fin da piccoli, un’aria di bottega che fa crescere come imprenditori, operai o commerciali, ma è un “contagio” che accomuna le persone che in questi luoghi crescono e lavorano. Infatti tra Como, Cantù, Monza e Milano c’è una grandissima densità di produzione artigianale e industriale: nell’arco di 10 chilometri è possibile risolvere qualsiasi problema tecnico che sia relativo al legno, all’alluminio o alla plastica. Si tratta di un tessuto produttivo straordinario e di un comune approccio molto pratico ai problemi. Possiamo anche disegnare un progetto, ma poi bisogna che ci sia qualcuno che lo capisca e che lo sappia prototipare. Servono specialisti capaci di interpretare le idee del designer e farle diventare prodotto. Si tratta di un ruolo di valore importante che ha bisogno di perizia, sensibilità ed esperienza.

La trasmissione dei saperi, il ricambio generazionale delle maestranze e la ricerca di nuovo personale sono temi all’ordine del giorno e di difficile soluzione, qual è la strada per rendere il lavoro artigiano attrattivo per i giovani?

Il Polo formativo legno arredo di Lentate sul Seveso fa ben sperare perché sta avendo un notevole numero di iscritti. Certo sono importanti i designer e gli architetti, ma è soprattutto la competenza artigiana che va preservata, anche nelle sue specializzazioni. In passato la scelta è stata di avviare i giovani a professioni che non richiedevano una sapienza manuale e adesso ci viene a mancare l’arte del mestiere perché un intagliatore, per esempio, non è un semplice operaio, è un artista.

Proprio per ampliare la formazione verso tutti i profili del settore, a Lentate aprirà un indirizzo per tappezzieri, perché è un ambito molto importante per la Brianza e mi sembra che presso in giovanissimi in questo momento ci sia una attenzione e un interesse diverso rispetto a pochi anni fa. Vedo in loro una grande voglia di apprendere e grande professionalità.

È terminato da poco il Salone del Mobile di Milano, quali tendenze di interesse ha riconosciuto?

Ho seguito l’allestimento dello stand di Ceramica Flaminia e ho notato che questa edizione della Design Week ha avuto un riscontro superiore a quanto ci si aspettava. È stata premiata la creatività italiana.

Si è visto che sta cambiando geograficamente il mercato: se prima il riferimento per l’export era l’Europa, adesso sono l’Asia e l’America e i prodotti realizzati per questi mercati sono in una scala più grande. Infatti si sono visti grandi living per spazi importanti. In Europa un tavolo medio può essere di un metro e 80, in Asia di 3 metri e mezzo. C’è anche una grande attenzione per l’uso dei materiali, per le finiture con texture nuove, dal tessile al legno. Ma in generale mai come oggi funziona tutto, dalle forme pure alle più decorate, anche perché il cliente finale è più libero e gli piace mixare.

Quali sono le ragioni per cui le è stato conferito il premio alla carriera?

Prediligo lavorare sul progetto globale dell’azienda, inoltre mi piace lavorare in team e nel tempo ho cercato collaborazioni in tutto il mondo con giovani poco noti ed emergenti, poi diventati importanti. Mi è stato riconosciuto il ruolo di talent scout ed è forse questo elemento che ha fatto la differenza, come art director a cui piace stimolare talenti e farli crescere.

Qual è il progetto che sta ora sul suo tavolo?

La pandemia ha accelerato dei processi di cambiamento profondi. Lo smart working ha cambiato la casa ma anche gli uffici che prima erano scatole bianche nere e oggi sono il prolungamento degli spazi domestici con materiali naturali, colori caldi e spazi flessibili. È cambiato anche il viaggio e gli hotel non sono più solo il luogo delle vacanze ma anche dove fare business. È un momento di grande stimolo per chi progetta.

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