Due ristoratori di Como
beffati dal decreto
«A noi zero indennizzi»

Nicola Ostinelli e Stefano Neri hanno investito i risparmi di tutta una vita per il nuovo locale aperto a Sagnino circa un anno fa. «Fermi nell’aprile 2019, così oggi non ci spetta nulla»

C’è una storia comasca che mette in luce come, in tutta questa vicenda della pandemia, delle chiusure e dei contributi per le imprese, ci siano categorie e singole imprese dimenticate. Dimenticate perché non incluse nell’elenco dei beneficiari (basato su codici Ateco aggiornati tredici anni fa) o perché messe fuori gioco dal meccanismo individuato per stabilire i rimborsi. Come è noto, infatti, prima il decreto “Rilancio” e poi i successivi provvedimenti legislativi “Ristori” e “Ristori bis”, hanno definito come parametro per il calcolo dei fondi da destinare alle imprese il differenziale tra il fatturato realizzato nel mese di aprile 2020 e quello conseguito nello stesso mese dell’anno precedente.

Il meccanismo

Questo criterio ha creato delle storture. Prendere in esame un solo mese può infatti portare a sovrastimare o sottostimare il reale potenziale di un’attività: così chi nell’aprile 2019 ha emesso una fattura importante, magari la più pesante dell’anno, si è visto accreditare un ristoro rilevante senza che, in realtà, il suo fatturato abbia avuto un calo medio significativo nel 2020. Viceversa, molte imprese che fatturano principalmente all’inizio o alla fine dell’anno potrebbero avere un drastico calo dei ricavi nei prossimi mesi, non nello scorso aprile.

Ma la storia comasca, quella degli imprenditori Nicola Ostinelli e Stefano Neri, mette in luce un ulteriore problema. Ci sono infatti imprese che, pur operative nel 2019, non hanno fatturato nulla nel mese di aprile perché non ancora in attività: di conseguenza, anche se si tratta di società con un codice Ateco inserito nell’elenco dei beneficiari, queste realtà non hanno percepito un solo euro in estate e non percepiranno nulla neppure ora. «Siamo attivi nel settore della ristorazione dal 1997 – raccontano i soci Nicola Ostinelli e Stefano Neri -, dapprima con un bar e gastronomia all’interno di un centro commerciale comasco. All’inizio del 2019 – continuano – abbiamo scelto di fare un salto di qualità, chiudendo la nostra attività ed iniziando i lavori in una nuova location, a Sagnino, per creare un ristorante di qualità». Buona parte del 2019 è stato così impiegato per allestire gli ambienti ed il 5 settembre 2019 è stato inaugurato “Il Diavolo L’acqua santa”. «Per avviare questa attività – affermano i due soci – abbiamo investito una cifra molto importante, messa insieme con anni di lavoro».

Il progetto

Il ristorante è partito bene ma purtroppo il successo è durato poco tempo, non per demerito dei ristoratori, ma per l’avvento di una pandemia mondiale che ha portato al primo lockdown. «Dopo la fine delle restrizioni – continuano Ostinelli e Neri -, non abbiamo riaperto subito, perché ci siamo impegnati, investendo nuovamente, in una revisione del locale pensata per renderlo un luogo sicuro».

L’estate è stata solo parzialmente positiva, a causa della contrazione del turismo a Como, ma con settembre il locale è tornato a riempirsi. «In ottobre abbiamo lavorato bene – dicono i due soci – e poi è arrivata questa nuova chiusura; comprendiamo le ragioni di salute pubblica, ma non possiamo accettare i criteri con cui sono stati assegnati i rimborsi». Infatti, non avendo fatturato nulla nell’aprile del 2019, “Il Diavolo L’Acqua santa” non ha diritto al contributo a fondo perduto. «Siamo davvero senza parole – concludono i due imprenditori – per la leggerezza con cui sono stati realizzati questi provvedimenti: nel nostro caso, ci sono a rischio i risparmi di una vita, ma sappiamo di molte altre realtà che sono nelle nostre stesse condizioni».

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