Economia / Como città
Mercoledì 05 Agosto 2020
Frontalieri in Ticino
Il conto più pesante
è per gli artigiani
Nel secondo trimestre un calo dello 0,8% e addirittura un segno più rispetto allo scorso anno. Cattaneo (Uil): «Lavoro notificato sceso del 20%»
Cassa integrazione (o lavoro ridotto per dirla alla svizzera) e aiuti federali alle imprese (l’ormai celebre bonus da 500 mila franchi) hanno sin qui messo al riparo i frontalieri da spiacevoli sorprese, non così i padroncini, alle prese con una crisi che pare irreversibile.
L’Ufficio federale di statistica ieri ha certificato che nel secondo trimestre dell’anno i frontalieri in Canton Ticino hanno lasciato sul campo solo lo 0,8% rispetto al primo trimestre, attestandosi a 67311 (erano 67836 al 30 marzo). Il dato che balza all’occhio è anche un altro e cioè che rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, il saldo dei frontalieri (possessori di permesso “G”) in Ticino registra un +1,8%. E questo è un dato che ha dell’incredibile tenendo conto che dal 9 marzo in poi anche nel Cantone di confine la pandemia da Covid-19 ha portato in dote ripercussioni importanti sul piano sanitario e su quello economico.
Il confronto
Al 30 marzo scorso - rispetto ai precedenti dodici mesi - l’incremento era stato addirittura del 6,5%. Per avere un quadro esaustivo della situazione, bisognerà però attendere il terzo trimestre.
Anche il sempre solerte Ufficio federale di Statistica ha parlato non a caso di “dati provvisori”, legati a ritardi nell’elaborazione dei dati da parte del sistema d’informazione centrale sulla migrazione. Da capire, ad esempio, quante attività legate ai frontalieri abbiano abbassato le serrande durante la pandemia. Al momento, questi lavoratori - che hanno conservato il permesso “G” - figurano ancora in tutto e per tutto negli elenchi degli “occupati stabilmente”.
Lo stesso sindacato Ocst ha parlato di almeno mille frontalieri che hanno perso il posto di lavoro durante la pandemia. Un dato che stride con quello fornito dall’Ufficio federale di statistica. «Bisognerà attendere il prossimo trimestre per capire l’impatto sui nostri lavoratori della crisi economica nel Cantone di confine. Un dato però negativo c’è già e riguarda i cosiddetti padroncini, che hanno lasciato sul campo un buon 20% rispetto all’ultimo dato consolidato - sottolinea Roberto Cattaneo, segretario della Uil Frontalieri di Como -. E’ evidente che il lavoro “notificato” abbia subito il contraccolpo maggiore durante il lockdown. Da capire quanto durerà l’onda lunga di questo trend negativo». Nel secondo trimestre dell’anno, i frontalieri impiegati a livello federale erano 332 mila, il 55,2% dei quali francesi, con la rappresentanza italiana attestata al 23%.
La crescita
Negli ultimi cinque anni - e questo dà l’esatta dimensione dell’impatto dei frontalieri sull’economia ticinese e svizzera - il numero dei frontalieri è passato da 297 mila a 332 mila, con un incremento di ben l’11,6%. Ed è su questa variazione percentuale che i promotori della consultazione federale “Per un’immigrazione moderata” del 27 settembre faranno leva nell’ultima parte di una campagna elettorale passata decisamente in secondo se non in terzo piano dopo l’emergenza sanitaria di questi mesi, peraltro ancora in essere in molti Cantoni. Ieri in Svizzera si sono registrati altri 130 contagi da Covid-19, con 6 ricoveri e 1 decesso.
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