Frontalieri in smart working. Stop all’accordo Italia- Svizzera

Il governo di Berna ha reso noto che l’attuale regime scadrà il 31 gennaio. Coinvolti migliaia di lavoratori comaschi

Il sindacato ticinese Ocst l’ha bollata senza mezzi termini come «una decisione scellerata», annunciando «una mobilitazione su larga scala per chiedere il ripristino di un accordo amichevole». E questo perché nel pomeriggio di ieri l’Amministrazione federale delle contribuzioni - che fa capo al Governo di Berna - ha fatto sapere che l’accordo tra Svizzera e Italia sul telelavoro dei frontalieri non sarà prorogato dopo la scadenza fissata per il prossimo 31 gennaio. Dunque dal 1° febbraio niente più regime speciale per lo smart working per i nostri lavoratori occupati oltreconfine.

«Le autorità competenti dell’Italia e della Svizzera, constatato che in entrambi i Paesi non sussistono più restrizioni alla libera circolazione delle persone dovute all’emergenza sanitaria Covid-19, hanno concordato che l’accordo amichevole del 18-19 giugno 2020 che prevede, tra l’altro, in via eccezionale e provvisoria, delle regole speciali in materia di imposizione del telelavoro e “smart working” rimarrà in vigore fino al 31 gennaio 2023», si legge nella nota diffusa (a sorpresa) nel pomeriggio, che di fatto interrompe bruscamente un percorso nato in un periodo di forte emergenza sanitaria e proseguito poi nel nome di una rimodulazione delle esigenze lavorative di molte imprese ed addetti.

Che il tema fosse particolarmente avvertito lo si era capito già all’inizio di febbraio, quando il Governo federale - sotto la spinta delle influenti Associazioni datoriali - in una seduta ad hoc aveva derubricato da “obbligo” a “raccomandazione” il telelavoro, motivandolo con il calo dei contagi e dei ricoveri registrato su base federale. Ora però i due Paesi hanno detto “stop” in via definitiva a questo accordo amichevole, che sul nostro territorio potrebbe interessare tra i 7 e gli 8 mila frontalieri.

Cosa accadrà ora, al netto della mobilitazione annunciata, lo spiega nel dettaglio Andrea Puglia: «La fine dell’accordo amichevole tra i due Paesi significa che dal 1° febbraio 2023 il reddito prodotto dai frontalieri nei giorni di telelavoro tornerà ad essere tassabile in Italia. Lo ripeto. Si tratta di una decisione scellerata. Chiederemo il ripristino immediato di un accordo amichevole che dia più flessibilità ad imprese e lavoratori. Peraltro la scelta di Italia e Svizzera va anche a squalificare quella che invece era stata la scelta dell’Unione europea di prorogare la sospensione dei limiti normalmente previsti per il telelavoro al 30 giugno 2023. E questo rende ancor più incomprensibile una decisione che cozza anche con le direttive europee». Come detto, le associazioni datoriali svizzere hanno spinto sin dalla fine della seconda ondata di contagi per far cessare l’obbligo del telelavoro. E con le elezioni dietro l’angolo, il Governo di Berna potrebbe aver dato - con l’avallo dell’Italia - un ulteriore segnale in questa direzione.

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