I rider di Como
«Pagati per i chilometri
che percorriamo»
La testimonianza: «Una consegna vicina?Ci danno 3,80 euro e l’algoritmo non calcolale eventuali salite»
«I rider non sono schiavi, ma cittadini”». Lo ha detto il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, a margine della maxi-indagine condotta dal procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano e dal pm Maura Ripamonti sulle condizioni lavorative di circa 60mila ciclofattorini impiegati su tutto il territorio nazionale. A Uber Eats, Glovo-Foodinho, Just Eat e Deliveroo, le più note società di delivery, è stato notificato l’ordine di regolarizzarli come lavoratori coordinati e continuativi . Al momento, la loro posizione contrattuale è quella di lavoratori autonomi e occasionali, senza quindi le tutele previste dal rapporto di lavoro subordinato (coperture previdenziali, ferie, malattia, indennità di disoccupazione, Tfr).
«In passato ci pagavano a ore, mi trovavo molto bene - ci racconta un rider, di cui omettiamo il nome, seduto in attesa di riprendere il turno in zona Portici Plinio - 7,50 euro l’ora più bonus variabili in base alle consegne portate a termine. Poi, da novembre 2019 in avanti, sono state modificate le tariffe. Oggi il nostro guadagno varia in base alla distanza che percorriamo. Se, ad esempio, devo percorrere tre chilometri, la paga si aggirerà intorno ai 3,80 euro lordi. Se pedalo per sei chilometri, forse arrivo a cinque euro tondi, una miseria. Le ore passate ad aspettare che arrivino gli ordini non ci vengono in nessun modo riconosciute».
La piattaforma che gestisce turni e consegne, inoltre, non tiene in considerazione le caratteristiche dei percorsi: «Spesso mi capita - riferisce un altro corriere - di dovermi spostare, in bicicletta, da Como a Lipomo. Qualche volta mi sono spinto fino a Montorfano. La strada in gran parte è in salita, di sera è buio, il freddo si sente e quando piove la fatica raddoppia, ma la paga resta la stessa».
Non garantita quindi la sicurezza del lavoratore, dal momento che le aziende, oltre a non fornire il mezzo di trasporto con cui muoversi, si esonerano da ogni responsabilità circa possibili infortuni causati da cadute o incidenti stradali.
Tramite un’app installata sullo smartphone, i rider scelgono una fascia oraria e si rendono disponibili a prendere gli ordini. «Vengono guidati, sorvegliati, valutati - ha spiegato Greco - attraverso l’intelligenza digitale, da un programma informatico”. È proprio il meccanismo del “ranking” a sollevare critiche, ossia la predisposizione di una graduatoria che di fatto penalizza chi decide di prendersi un giorno di pausa, chi è più lento e meno efficiente nelle consegne dei pasti. Ritrovarsi ultimi nella classifica significa perdere l’opportunità di vedersi assegnati turni di lavoro. Quello delle società di delivery, ha scritto ancora la Procura di Milano, è un “sistema fondato su una pressione continua del lavoratore, il quale non può sottrarsi per evitare di essere retrocesso o addirittura espulso dal sistema e quindi di non poter più lavorare». La palla passa ora ai datori di lavoro.
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