Economia / Como città
Martedì 14 Marzo 2023
Il nuovo reddito di cittadinanza?
A Como esclusi in mille
Sul Lario Lo scorso anno contributi per 4.500 famiglie. Ora le regole cambiano con la misura chiamata “Mia”. La Uil: «Soglia più bassa per avere gli aiuti, è un errore»
Saranno poco più di mille le persone che a Como e provincia perderanno il reddito di cittadinanza, ma resteranno beneficiari delle misure di avviamento al lavoro previste dal Programma GOL dei Centri per l’Impiego, a partire dalla formazione fino al poter usufruire di una banca dati on line con le offerte di lavoro che saranno incrociate alle necessità e caratteristiche delle persone.
È la prospettiva aperta dalla riforma del reddito di cittadinanza oggetto di una narrazione che lo rende corresponsabile della mancanza di manodopera, cronico e gravissimo problema in diversi ambiti lavorativi. Così la MIA (Misura di Inclusione Attiva), prevista dal 2024, si presenterebbe come la panacea.
In provincia di Como nel 2022 hanno fruito del reddito di cittadinanza 4.555 famiglie per un totale di 9.454 persone. Nel 2023, per ora, il reddito di cittadinanza è stato erogato a 2.667 famiglie per 5.122 persone. Secondo una stima dell’Osservatorio del mercato del lavoro il 20 o il 25% di questi possono ritenersi “occupabili” e quindi, se la riforma verrà approvata, verranno privati della misura. Si tratta di un numero di persone tra le 1.024 e le 1.280.
Scettici i sindacati
Non solo: la riforma prevede anche un abbassamento delle quote erogate e del limite Isee per poterne usufruire. Significa che in media un terzo degli attuali percettori del RdC non avrà più il diritto di richiedere un sussidio. «La “Misura di inclusione attiva” significa, in sintesi, meno soldi a meno persone perché per averne diritto la soglia Isee dagli attuali 9.360 euro dovrebbe scendere a 7.200. Per fare domanda bisognerà essere più poveri. Una soluzione che non risolve il problema della povertà e nemmeno il problema del lavoro – è il commento di Sandro Estelli, Cgil Como - si stabilisce un livello di assistenza così basso per poter rendere preferibile qualsiasi lavoro senza tenere in considerazione anche le condizioni personali e geografiche, oltre alle retribuzioni molto spesso non adeguate né soddisfacenti. Ci sembra un provvedimento accondiscendente verso quelle richieste di manodopera a basso costo che nella maggioranza dei casi propongono retribuzione tale da non garantire un livello di sostentamento economico dignitoso. Bisogna piuttosto occuparsi dell’intero mercato del lavoro con provvedimenti che creino posti di lavoro stabili e di alta qualità con una politica industriale che permetta all’Italia di essere competitiva a livello internazionale, che guardi alla transizione occupazionale».
Sempre più poveri
L’abbassamento della soglia per accedere a misure di sostegno si incrocia con dati sulla povertà che nella nostra provincia è cresciuta in un anno del 9%. Il dato lo ha ricavato Uil del Lario: «Se nel 2021 le famiglie con un Isee sotto i 10mila euro erano 21.173, nel 2022 il numero è salito a 23.251. Si tratta di un impoverimento sensibile – osserva Dario Esposito, subcommissario – il contrasto alla povertà non si risolve solo con la ricollocazione ma anche con una serie di servizi, abitativi, logistici e di servizio per le fasce deboli. Serve una politica sociale più organica. Per mettere a sistema interventi coerenti serve anche il coinvolgimento del mondo del lavoro».
Per ora il Governo ha evitato il confronto con i sindacati, una mancanza anche secondo Elisa Di Marco, componente della segreteria Cisl dei Laghi «auspichiamo che al più presto venga aperto un tavolo per condividere come migliorare la misura».
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