Innovazione in agricoltura
Minoprio prepara
i contadini 4.0

Fondazione e Banca Ifis hanno organizzato la giornata di focus “Agrifuture”. Agroalimentare: crescita del 20% nei prossimi 10 anni ma la digitalizzazione è in ritardo

Per l’agricoltura il futuro prossimo è il digitale che include l’e-commerce, la tecnologia del macchinari e una nuova strategia imprenditoriale. L’urgenza di un processo di innovazione è stata sottolineata con forza ieri a Minoprio al convegno “Agrifuture. Esperienze fertili per aziende agricole e zootecniche” organizzato da Fondazione Minoprio e Banca Ifis Impresa con il sostegno dell’Unione europea, del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, di Regione Lombardia e del Fse (Fondo sociale europeo).

Dopo una mattina di lavori rivolta agli studenti sui temi della formazione e dell’innovazione nelle imprese con focus su tecnologie, droni e app, Banca Ifis e H-Farm hanno annunciato di aver messo a disposizione degli studenti di Fondazione Minoprio due borse di studio per un percorso estivo 4.0 al Digital Summer Camp di H-Farm a Roncade in provincia di Treviso.

Il pomeriggio è stato una sequenza di indicazioni preziose per gli agricoltori, gli operatori, gli imprenditori del comparto agroalimentare con la conduzione di Fulvio Giuliani, giornalista di RTL 102.5.

Già l’apertura del direttore di Fondazione Minoprio, Luca Galli, è stato un assaggio di quello che sarebbe stato lo stile dell’incontro: «la gente privilegia quei prodotti che accorciano la filiera - ha detto- questa è la tendenza a cui adeguarsi con trasferimento tecnologico e innovazione», un augurio e un monito.

Con Carmelo Carbotti per Ifis si è entrati nel merito del valore del comparto agroalimentare italiano: una produzione di 54,7 miliardi e se ne prevede l’incremento del 20% in dieci anni grazie, soprattutto, a una maggiore efficienza. In Europa l’Italia è quinta per esportazioni con 41 miliardi, l’obiettivo realistico è di raggiungere i 50 miliardi di export nel 2020 e sono ben 818 i prodotti certificati. Abbiamo la collezione di gran lunga più ricercata di etichette Dop, Igp, Stg, primi al mondo per qualità. Ma quando i consumatori, in un mercato che si è dilatato fino al Giappone e alla Cina, cercano i prodotti italiani, non li trovano.

Il perché lo ha spiegato Andrea Casadei di H-Farm, piattaforma innovativa di formazione e consulenza. C’è un problema culturale: le imprese faticano a capire e a far proprio il cambiamento che sta spostando il mercato verso l’online con una rapidità e una dimensione sorprendenti. Già è accaduto per il settore turismo, che ha tardato a comprendere la trasformazione che avrebbe portato il 95% degli utenti a organizzare i propri viaggi senza la mediazione degli operatori. La stessa trasformazione ora riguarda l’alimentazione. Non è solo questione di volumi di vendita, è un cambiamento che riguarda il modo nuovo e diretto di interagire con il proprio cliente. Per i produttori italiani, privilegiati da una fama indiscussa, un’occasione imperdibile ma, su oltre un milione di imprese italiane, meno di 50mila aziende - 4 su 10 - hanno ben chiaro il valore del digitale.

Nella tavola rotonda alcune esperienze di imprenditori hanno dato un’idea delle difficoltà e delle occasioni possibili. Alessandro Arnoldi, florovivaista, ha spiegato che non è facile sciogliere alcuni nodi organizzativi, Gianni Gaggiani ha presentato Grow the Planet, piattaforma che accompagna nelle fasi della coltivazione. Luca Bigatti di Ifis ha ricordato come le piccole imprese a breve non saranno più riconoscibili ai nuovi modelli digitali implementati dalle banche. Rassicurante Fabrizio Trigila di ComoNExT nel ricordare che al centro dei processi di cambiamento ci sono sempre le persone e sono loro gli attivatori di innovazione in un momento di grandissime opportunità.

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