Economia / Como città
Sabato 20 Giugno 2020
La minaccia del Ticino
«Congelare i ristorni
e stop ai frontalieri»
Il presidente dell’Udc ticinese, Piero Marchesi, attacca il Governo italiano e avverte: «In Italia al ristorante? Preferisco stare di qua»
Sul treno, di ritorno da Berna dopo aver terminato la sessione estiva delle Camere federali, il consigliere nazionale e presidente cantonale dell’Udc - partito dai connotati anti-frontalieri - Piero Marchesi riflette a voce alta. Lo fa in una lunga chiacchierata con “La Provincia”. «Non c’è l’ho con sindaci di confine e con i frontalieri. Mi limito solo a constatare che opere programmate già 30 anni fa sul vostro territorio grazie ai ristorni non sono ancora state completate. Un motivo in più per suggerire a Bellinzona di congelare i ristorni - noi dell’Udc lo chiediamo da mesi - e tornare così a ridiscutere l’accordo dei frontalieri (la cui competenza è federale, ndr). Il vostro Governo - lo si è capito da tempo - non ha alcuna intenzione di firmarlo».
Bloccare i ristorni significherebbe mandare in default i Comuni di confine, a cominciare dai più piccoli. Sarebbe uno sgarbo sotto il profilo istituzionale e costituzionale. Addio dialogo di confine, dunque?
Le regole d’ingaggio sono cambiate dal ’79, anno in cui è entrato in vigore l’accordo del ’74. Oggi parliamo in Ticino di quasi 68 mila frontalieri e più di 80 milioni di franchi di ristorni. Ogni anno un bel gruzzoletto attraversa il confine e, per diretta conseguenza, non rimane sul nostro territorio, che pure necessiterebbe di interventi. Da qui a fine giugno si ripresenta l’occasione di mettere i ristorni al centro del ragionamento politico. Mi chiedo quale Governo starebbe a guardare di fronte ad un altro Governo che da cinque anni rimanda una firma di un accordo così importante. Voi, in Italia, come vi comportereste? E non ne faccio una questione di posizioni diverse lungo la frontiera. Perché martedì, ad esempio, la scampagnata in Ticino avrebbe potuto evitarla tanto Luigi Di Maio quanto Ignazio Cassis. In questo momento difficilissimo per tantissimi motivi, diversi tra loro, la gente ha bisogno di risposte concrete, non di saluti coi gomiti.
Non è che con la richiesta di blocco dei ristorni serve da trampolino per la consultazione federale anti-frontalieri del 27 settembre, che l’Udc ha lanciato dopo il nulla di fatto del referendum contro l’immigrazione di massa del 9 febbraio 2014 (votato dal popolo, ma bocciato dalla politica federale)?
Anche qui devo puntualizzare che io non ce l’ho coi frontalieri. Perché se ad un cittadino ticinese venisse proposto di lavorare in Italia al doppio della paga svizzera, come potrei biasimarlo? Il problema è a monte. Diverse aziende del nostro Cantone cercano ormai profili ben precisi, cioè frontalieri con permesso “G”. Questo non va bene. In questo modo vengono discriminati i nostri lavoratori. L’accordo sulla libera circolazione ha ormai segnato il passo. Anche a causa dell’emergenza Covid-19, la disoccupazione rischia di assumere connotati drammatici. Agli elettori vogliamo chiedere se questo rapporto di forze - evidentemente impari - con l’Europa può durare ancora a lungo oppure va troncato. E in caso di vittoria del “sì”, la Svizzera avrebbe un anno per dire a Bruxelles che la strada imboccata in questi anni non è quella che vuole il popolo.
Eppure anche da Ligornetto, durante l’incontro di martedì tra Ignazio Cassis e Luigi Di Maio, sono giunti messaggi distensivi. Di Maio ha invitato i ticinesi e gli svizzeri a venire in Italia. Lei cosa farà?
Da qui a fine anno ho molti grotti e ristoranti in Ticino in cui assaggiare tante buone cose. Non credo proprio di riuscire a venire in Italia. E non ne faccio solo una questione di sicurezza, anche se sarebbe importante capire come mai i contagi in Lombardia non calano, mentre in Ticino anche oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto zero decessi e zero contagi. Ristoranti, spesa e shopping per moltissimi ticinesi rappresentano un valido motivo per varcare il confine. Ma l’attenzione, a fronte di questi numeri, deve rimanere alta.
Almeno una volta l’avrà fatta la spesa in Italia?
Non biasimo certo che viene nei vostri ipermercati e supermercati perché facendo la spesa in Ticino non arriverebbe a fine mese. Ce l’ho con chi viene in Italia a fare acquisti anche se potrebbe tranquillamente farli sul nostro territorio.
Sempre convinto che i ristorni vadano bloccati, per concludere?
Il termine più idoneo è congelati. Quando 80 milioni di franchi varcano il confine per una prassi ormai consolidata è giusto porsi qualche domanda.
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