Economia / Como città
Martedì 30 Agosto 2022
Nuova provocazione: «Frontalieri, stop ai nuovi permessi»
La Lega dei ticinesi è tornata all’attacco a fronte dell’aumento dei lavoratori italiani
Il “Mattino della Domenica”, l’organo di stampa ufficiale della Lega dei Ticinesi, è tornato a chiedere - nel primo numero post ferie agostane - la clausola di salvaguardia dopo il nuovo record (75.775) di frontalieri registrato nel Cantone di confine al 30 giugno scorso.
«I permessi “G” stanno esplodendo nel Terziario, settore in cui il personale residente è addirittura in esubero - le parole del direttore del domenicale leghista nonché consigliere nazionale, Lorenzo Quadri - è in atto quello che la Lega dei Ticinesi e il Mattino riportano da due anni ovvero la sostituzione del personale residente con i frontalieri. Un fenomeno manifesto e innegabile, con tutti i suoi annessi e connessi, a partire dal dumping salariale».
Con questo lungo articolo, il partito di via Monte Boglia rilancia dunque la campagna anti-frontalieri in vista delle elezioni cantonali del prossimo aprile nonché delle federali di ottobre 2023. I toni utilizzati dal domenicale leghista sono sicuramente da campagna elettorale e non mancheranno di creare reazioni al di qua del confine, considerato che Lorenzo Quadri ha fatto notare come «la storia della carenza di personale qualificato è una grande bufala».
Da qui la provocazione forte e cioè che «se i vicini a sud delle province di Como e Varese avessero il 33% degli impieghi occupati da ticinesi ed i loro lavoratori in disoccupazione, avrebbero già costruito un muro al confine». Un concetto, quello del muro a separare Lombardia e Canton Ticino che la Lega dei Ticinesi della prima ora - quella guidata da Giuliano “Nano” Bignasca - aveva sbandierato per farsi conoscere anche su questo lato del confine e che ora “Il Mattino della Domenica” ripropone, seppure in chiave diversa.
Secondo il direttore del domenicale leghista è giunto il momento di «introdurre le clausole di salvaguardia a tutela del mercato ticinese», dando corso - come prima misura percorribile - allo stop al rilascio dei permessi “G”, quelli maggiormente diffusi tra i frontalieri.
Si tratta di una provocazione - l’ennesima della serie - considerato che le politiche in materia di lavoro spettano unicamente a Berna, che ha già fatto sapere più volte come la libera circolazione deve essere garantita sempre e comunque. Peraltro anche sul versante svizzero - il riferimento è all’Ire (l’Istituto per le Ricerche Economico) - è stato rimarcato come i frontalieri non vanno a incidere sulla “sostituzione” della manodopera residente, considerato che «non si riscontra alcuna prova che l’utilizzo della manodopera frontaliera abbia aumentato il rischio di disoccupazione per i residenti». Questo almeno quanto riportato all’interno di un dettagliato report che evidentemente cozza con le tesi della Lega dei Ticinesi. È chiaro che, avanti di questo passo, quota 80 mila frontalieri impiegati in Ticino non rappresenta più un obiettivo irraggiungibile. Conferma diretta della necessità di ricercare al di qua del confine un numero (sempre) crescente di figure professionali. M. Pal.
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