Riforma del “secondo pilastro”: la Svizzera al voto l’anno prossimo

Previdenza La questione riguarda molto da vicino anche i frontalieri - Al centro della consultazione le modifiche alla pensione complementare

Dietro l’angolo c’è l’ennesima consultazione popolare che vedrà anche i nostri frontalieri nel ruolo di spettatori decisamente interessati. Già perché è di ieri la notizia che nel prossimo mese di marzo si voterà per la riforma del “secondo pilastro”, dopo che la raccolta firma dei sindacati e della Sinistra è pienamente riuscita, andando ben oltre le previsioni della vigilia, visto che di firme ne sono state consegnate 141mila contro le 50mila necessarie.

Detto che l’intenzione è quella di decurtare le rendite sino ad oltre 3.400 franchi l’anno (circa 3.470 euro), è bene porre l’accento su cosa rappresenta nel concreto il “secondo pilastro” (o pensione complementare), che viene maturato da tutti i lavoratori che percepiscono un salario lordo annuale di almeno 21.510 franchi. In quel “tutti i lavoratori” figurano naturalmente anche i frontalieri.

In buona sostanza - per dirla con il sindacato Ocst - il datore di lavoro sceglie una cosiddetta “Cassa pensione” e apre un fondo a nome del dipendente presso di essa. Ogni mese il lavoratore versa il contributo (che varia a seconda dell’età e della policy aziendale). A sua volta il datore di lavoro versa un contributo paritetico (o anche superiore, se previsto dal regolamento interno). Il secondo pilastro - questo il punto focale - viene poi riscattato al momento della pensione o sotto forma di capitale o sotto forma di rendita vitalizia. Da rimarcare che se il lavoratore prima della pensione cambia posto di lavoro, il fondo viene automaticamente trasferito alla nuova cassa pensione.

Un’altra casistica riguarda il fatto che se il lavoratore perde il posto il conto viene temporaneamente depositato su “un conto di libero passaggio”. Come anticipato, il “secondo pilastro” non è ritirabile prima della pensione, anche se figurano alcune eccezioni, la più importante - e spesso chiamata in causa - riguarda l’acquisto della “prima casa”, caso in cui il lavoratore può richiedere il riscatto anticipato del capitale a determinate condizioni.

Sindacati e Sinistra hanno bollato la riforma del “secondo pilastro” come “iniqua su tutta la linea”, sollevando fortissime perplessità che sicuramente sono destinate, nonostante il voto a favore del provvedimento da parte del Parlamento, a far breccia tra un numero importante di elettori. La molla che ha fatto scattare questa riforma è da ricondurre all’aumento dell’aspettativa di vita. In buona sostanza, è prevista una diminuzione del tasso di conversione dal 6,8 al 6%. Il che significa una diminuzione del capitale accumulato nel corso degli anni. La riforma prevede anche un periodo transitorio, che dovrebbe mettere al riparo un numero rilevante di lavoratori (tra cui tanti frontalieri) da sorprese.

Secondo i sostenitori dell’iniziativa, il capitale risparmiato permetterà ad una platea maggiore di lavoratori di accedere al “secondo pilastro”. E questo perché verrà abbassata la soglia d’accesso.

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