Stop ristorni frontalieri
A rischio 76 milioni
per i Comuni di confine

Si teme il blocco o il dimezzamento dei fondi dopo il mancato via libera all’accordo fiscale. Domani il voto decisivo

Il pericolo è più che concreto. Già perché questa volta davvero Bellinzona pare intenzionata a dare un segnale forte all’Italia, bloccando o in alternativa congelando parte dei ristorni dei frontalieri, moneta sonante di vitale importanza per Comuni e realtà di confine, specie per i piccoli. Il voto decisivo è atteso per domani. Stiamo parlando di 84 milioni di franchi (poco meno di 76 milioni di euro) che, per dirla con il consigliere nazionale Lorenzo Quadri, «si riferiscono ad un accordo che ormai non ha più ragione di esistere». Bellinzona dovrà staccare l’annuale assegno o quantomeno definire la cifra ufficiale entro fine mese. Peraltro - e qui sta il nodo centrale di questa nuova puntata del (possibile) blocco dei ristorni - difficilmente Berna interverrà per far cambiare idea al Ticino, come avvenuto nel 2011. «Questo perché anche il Governo federale è stupito ed allarmato per il mancato via libera definitivo da parte dell’Italia circa il nuovo accordo fiscale con la Svizzera - sottolinea Roberto Cattaneo, segretario della Uil Frontalieri di Como, che lancia un allarme “forte” in vista dell’imminente decisione del Consiglio di Stato - Credo che il blocco o, in alternativa, il dimezzamento dei ristorni rappresenti una scelta annunciata».

Il segretario della Uil Frontalieri di Como usa parole dure puntando il dito contro «alcuni irresponsabili che non hanno previsto che questo blocco alla fine sarebbe stata l’unica “arma” in mano al Ticino per reagire contro lo stop al nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera. Accordo peraltro parafato ormai più di 3 anni fa. Mi riferisco in particolare alla Lega e ancor più nel dettaglio ai leghisti lombardi. Ho notizie certe sul fatto che Berna sia stupita e allarmata per il silenzio dell’Italia. E di sicuro il Governo federale, prima di intervenire ancora nel tentativo di rimediare al nuovo stop ai ristorni, chiederà a Roma: che facciamo, riprendiamo o no la trattativa sul nuovo accordo?». Insomma, esistono oggi i presupposti tali per cui lo strappo istituzionale tra Italia e Canton Ticino (e per diretta conseguenza la Svizzera) possa essere consumato in tempi strettissimi. «La realtà è che chi ci governa oggi è interessato soltanto ai voti dei frontalieri da incassare domani mattina e non è per nulla interessato a un futuro non traumatico, per usare un eufemismo, per i frontalieri e per i Comuni di confine - incalza Roberto Cattaneo -. E non è solo un problema della Lega. Sabato scorso, alla festa della Uil, a Cantù il presidente del Consiglio regionale ha detto testuali parole: “Meno male che dell’accordo del ’74 non se ne sente più parlare. Per i frontalieri le cose vanno bene così”. Credo che nessuno si renda conto di quali potranno essere le conseguenze in caso di un blocco dei ristorni».

Ad onor del vero, il Ticino ci aveva già provato lo scorso anno a congelare parte dei ristorni o meglio a vincolarli al completamento di opere transfrontaliere. Poi però il ministro ticinese Claudio Zali non aveva trovato i voti sufficienti all’interno del Governo cantonale per dar corso allo strappo con l’Italia. 
Marco Palumbo

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