Economia / Como città
Mercoledì 22 Marzo 2017
Ticino, crollati gli affari degli artigiani
Il caso della Lia: sale la protesta alla vigilia dell’incontro transfrontaliero a Mezzana sull’albo professionale. L’attività delle piccole imprese italiane in crisi: «Assurdi gli esami a cui ci sottopongono gli svizzeri»
Tra nove giorni scade la domanda di rinnovo alla Lia, l’albo con le regole introdotte dal Canton Ticino lo scorso anno di fronte all’incremento dei padroncini italiani: la fattura per procedere, entro il 31 marzo appunto, costa 400 franchi. Ma intanto pochi si sono iscritti e c’è chi temporeggia perché è davvero diventato tutto troppo complicato.
Questa è una settimana importante, perché venerdì 24 a Mezzana torna il confronto alla Regio Insubrica e la parte italiana spera di poter portare a casa qualche altro risultato per lenire il provvedimento che ha falcidiato di fatto il lavoro delle nostre aziende in terra ticinese. Oltre ai politici e alle associazioni di categoria, ci sarà Enrico Lironi, consigliere camerale comasco delegato sulle questioni svizzere e presidente di Sviluppo Como – ComoNext: «Diamo per assodata ormai la questione di inserire nelle visure camerali i soggetti che professionalmente svolgono il lavoro in Svizzera», premette. Vale a dire, non per forza i titolari – che potrebbero non avere le competenze tecniche necessarie per sostenere l’esame – ma le figure specifiche di riferimento nell’azienda.
Un punto importante su cui combattere però è un altro ancora: «L’assurdità per cui sottopongono agli esami soggetti con esperienze pluriennali fuori dalla Svizzera. Su questo dobbiamo arrivare a un risultato». E si è chiesto con forza alle istituzioni regionali di fare pressing perché venga sciolto questo nodo.
Né è l’unico, perché sul campo via via ne emergono altri a frenare gli italiani. Difatti, lo scorso dicembre 4.500 imprese avevano presentato la domanda alla Lia, ma la gran parte erano svizzere. Erano emerse 32 infrazioni, di cui 21 verso società ticinesi. Nel frattempo, sono aumentati i frontalieri in Ticino, sfondando la quota dei 64mila, dato che si cercano escamotage per aggirare la Lia. Va detto che anche le imprese ticinesi pagano, ma per lavorare costantemente sul territorio, mentre gli italiani non possono superare i 90 giorni.
Ecco un altro problema, raccontato da Pierluigi Libeccio, della Progielt di Fino Mornasco, che effettua manutenzione su caldaie e condizionatori. Lui si è iscritto, attraverso Confartigianato, ma adesso sta meditando se andare avanti o prendere tempo. E spiega perché: «Ho alle spalle un’azienda con trent’anni di attività, qualche lavoro in Ticino prima ce l’avevamo e volevo lasciare aperta questa porta per il futuro – racconta – Quindi sono andato avanti con l’iscrizione. Una cosa però mi preoccupa. Noi apparteniamo secondo la Lia a una categoria più generale rispetto al nostro settore specifico. E a questo punto l’esame diventa un problema, perché che tipo di domande ci vengono rivolte? Non sono un ingegnere».
Qui emerge tutto l’orgoglio dell’imprenditore italiano, che viene chiamato in Ticino anche e soprattutto perché è capace di eseguire i lavori bene: «E ho paura appunto che mi vengano poste domande che non riguardano la nostra tipologia di lavoro. Io voglio fare una bella figura, mica siamo dei barlafusi noi» sottolinea fiero Libeccio.
Certo, se si facesse valere l’esperienza pluriennale – come verrà ribadito appunto venerdì nell’incontro tra svizzeri e italiani – il problema verrebbe meno.
Intanto stasera alle ore 20.30 c’è un incontro promosso dalla delegazione dell’Olgiatese e Bassa Comasca di Confartigianato a Villa Guardia. Questo per confrontarsi con gli artigiani lariani e raccogliere spunti e riflessioni.
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